Bruxelles – Era solo una questione di ore. Nessuna sorpresa in zona Cesarini, nessuna sfida a due (o più) per guidare i socialisti europei alle elezioni di giugno. L’attuale commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, è l’unico nome sulla lista per diventare lo Spitzenkandidat del Partito Socialista Europeo (Pse). Ad annunciarlo è stato oggi (18 gennaio) il gruppo di lavoro ad hoc del Pse, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle candidature. “Confermo che Nicolas Schmit ha soddisfatto i criteri necessari per candidarsi come candidato comune del Pse alla presidenza della Commissione Europea”, ha comunicato in una nota il segretario generale della famiglia dei socialisti europei, Giacomo Filibeck.
Schmit è stato nominato dal Partito Operaio Socialista Lussemburghese (Lsap) e “ampiamente sostenuto” dai partiti membri del Pse. Secondo quanto previsto dalle regole interne, ogni candidato o candidata ha bisogno del sostegno di almeno nove partiti o organizzazioni membri a pieno titolo (cioè il 25 per cento del totale), di cui uno che lo nomina e altri otto che lo appoggiano. La prossima settimana è attesa la convalida ufficiale da parte della presidenza del Pse, dopodiché al Congresso elettorale in programma il 2 marzo a Roma Schmit “sarà presentato per essere eletto come candidato comune, dando il via alla campagna per le elezioni europee del 2024″.
Politico lussemburghese di lungo corso, il commissario Schmit (da cui si attendono le dimissioni dalla Commissione Europea per concentrarsi sulla campagna elettorale) viene indicato dalla sua famiglia politica come candidato “a favore di un’Europa più forte, che difende i suoi valori contro la rinascita dell’estrema destra” con una serie di assi nella manica: “Posti di lavoro di qualità, giustizia fiscale, alloggi a prezzi accessibili e buoni servizi pubblici per tutti”. E soprattutto un’Europa “più sostenibile, fondata su un Green Deal Europeo socialmente equo e su un’economia verde e digitale innovativa e inclusiva”. Raggiunto da Eunews nei giorni scorsi, il capo-delegazione del Partito Democratico all’Eurocamera, Brando Benifei, aveva espresso “apprezzamento” per il lavoro di Schmit “a titolo personale”. L’opzione è vista “con favore” anche in virtù del suo portafoglio di competenze nel gabinetto von der Leyen: “Rappresenterebbe adeguatamente l’impegno per un’Europa sociale“, in attesa della decisione da prendere “come intera forza politica” al Congresso di Roma.
Spitzenkandidat – in tedesco ‘candidato di punta’ – nel gergo europeo indica quella figura politica che ciascun partito europeo propone agli elettori come prima scelta per la presidenza della Commissione Europea nel caso di vittoria alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Ue. Anche se in modo ufficioso, quello socialista è il primo Spitzekandidat di un partito europeo di cui si conosce il nome nella corsa elettorale del 2024. I Verdi Europei sceglieranno i propri al Congresso di Lione il 2-4 febbraio, La Sinistra al Congresso di Lubiana il 23-24 febbraio, le intenzioni dei liberali di Renew Europe non sono ancora chiare a riguardo, e il Partito Popolare Europeo terrà il suo Congresso a Bucarest il 6-7 marzo. Mentre ancora non è chiara la scelta di Ursula von der Leyen a proposito della possibilità di candidarsi per un secondo mandato alla presidenza della Commissione (che implicherebbe il passaggio come Spitzenkandidat del Ppe), i socialisti europei hanno nel mirino anche la presidenza del Consiglio Europeo, resa più frenetica dopo il passo indietro del 6 gennaio da parte dell’attuale numero uno dell’istituzione, Charles Michel. Il nome più forte su cui il Pse potrebbe puntare è quello della premier danese, Mette Frederiksen, ma in lizza ci sarebbero anche l’omologo spagnolo, Pedro Sánchez, e quello portoghese, António Costa.
La figura dello Spitzenkandidat
La figura dello Spitzenkandidat è stata introdotta per la prima volta per le elezioni europee del 2014, sulla scia degli accresciuti poteri che il Parlamento Ue si è visto attribuire dal Trattato di Lisbona – firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 – e che gli eurodeputati hanno voluto interpretare nella maggior ampiezza possibile. Da parte dei partiti c’era anche la volontà di tentare un avvicinamento agli elettori, che hanno sempre visto la Commissione come un organo distante dalla vita dei cittadini ma con ampi poteri di incidere sulla loro vita. Indicare una persona vuol dire fare in modo che gli elettori possano conoscerla prima che assuma un incarico importante e, allo steso tempo, è anche una possibilità per i partiti per suggerire implicitamente chi vorrebbero evitare che – anche al loro interno – possa essere scelto dopo le elezioni.
Perché non sono i partiti a indicare formalmente il presidente della Commissione, e nemmeno l’Eurocamera. In base al Trattato di Lisbona questo potere spetta ai governi, riuniti nel Consiglio Europeo, che scelgono la persona che dovrà guidare la Commissione. Il nome viene proposto al Parlamento Europeo che, in ogni caso, ha il potere di approvare o meno la scelta. In sostanza è un potere condiviso, tra un’istituzione che sceglie e un’istituzione che approva. Ecco perché il possibile ‘corto circuito’ tra Consiglio e Parlamento può essere risolto con l’introduzione dello Spitzenkandidat, ma solo sul piano strettamente politico, perché su quello legale l’indicazione da parte dei partiti prima delle elezioni non ha alcun valore. A questo si aggiunge il fatto che nessun gruppo al Parlamento Europeo – alle condizioni attuali e verosimilmente anche post-elezioni di giugno – ha la forza di scegliere da solo il presidente della Commissione, che è frutto perciò di un accordo tra diverse forze politiche e con i governi nazionali.