Bruxelles – Imballaggi, ripristino della natura, stop dei motori tradizionali dal 2035. Tutti dossier legislativi europei che in comune hanno non solo il fatto di essere ‘figli’ del Green Deal europeo, ma anche di essere file a cui l’Italia a Bruxelles ha votato contro o su cui ha deciso di astenersi (ai fini della maggioranza qualificata l’astensione equivale al voto contrario).
L’ultimo in ordine di tempo è arrivato oggi (29 gennaio), quando gli Stati membri al Consiglio Ue hanno confermato l’accordo raggiunto a ottobre con l’Europarlamento su due regolamenti per ridurre gradualmente i gas fluorurati (F-gas) e altre sostanze che causano il riscaldamento globale e ridurre lo strato di ozono. L’accordo interistituzionale è stato confermato con il voto contrario dell’Ungheria e con l’astensione dell’Italia e della Repubblica ceca.
Un’astensione che conferma una vera e propria linea politica che il Mase, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica italiano, porta avanti a Bruxelles da quando Giorgia Meloni è alla guida del governo: quella di votare contro o astenersi sulla maggior parte dei pezzi del puzzle del Patto verde per l’Europa. A destare più clamore il voto contrario sul regolamento sugli imballaggi e sulla legge sul ripristino della natura, ma si ricordano anche l’astensione sullo stop ai motori termici dal 2035 e l’astensione sulla proroga di un anno del taglio alla domanda di gas del 15 per cento, contro la crisi energetica.
A quanto si apprende da fonti qualificate, l’Italia “pur sostenendo gli obiettivi ambientali e climatici” del regolamento ha deciso di astenersi perché il testo finale contiene alcune restrizioni non condivise dal Paese, considerate “eccessive per gli operatori”. Ma come sugli imballaggi e sulla legge sul ripristino della natura, l’Italia vota contro o si astiene sui file in cui è impossibile costruire una minoranza di blocco e su cui, quindi, il suo voto ha un fine politico ben preciso ma non è determinante per affossare il provvedimento.
Le norme prevedono una stretta sui gas fluorurati a effetto serra (F-gas) come gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafluoruro di zolfo (SF6), che trovano largo impiego principalmente negli impianti di refrigerazione (come i frigoriferi), nelle pompe di calore e negli impianti di aria condizionata e nei quadri elettrici dei sistemi di energia elettrica. Le emissioni provocate dai F-gas sono altamente dannose per il riscaldamento globale, fino a diverse centinaia di migliaia di volte più forti di quelli della CO2. Oggi le emissioni di gas fluorurati rappresentano il 2,5 per cento delle emissioni totali di gas serra dell’Ue, ma a differenza di altre emissioni di gas serra sono raddoppiate tra il 1990 e il 2014.
Tra le altre cose, l’accordo confermato oggi dai governi fissa al 2050 la data ultima per il consumo di idrofluorocarburi e stabilisce date specifiche per la completa eliminazione dell’uso dei gas fluorurati nel condizionamento dell’aria, nelle pompe di calore e nei quadri. Secondo il commissario europeo aper l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra, “queste nuove norme rafforzate sui gas fluorurati e sulle sostanze che riducono lo strato di ozono rappresentano un passo avanti molto importante”, parlando di una normativa tra le più ambiziose al mondo.