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Home » Editoriali » I frutti avvelenati delle dittature. E perché si deve saper scegliere

I frutti avvelenati delle dittature. E perché si deve saper scegliere

Lorenzo Robustelli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LRobustelli" target="_blank">@LRobustelli</a> di Lorenzo Robustelli @LRobustelli
16 Febbraio 2024
in Editoriali
Navalny

Aleksej Navalny

Oggi in un remoto carcere russo è morto Aleksej Navalny, forse il più famoso oppositore di Vladimir Putin, che, come tanti altri, era finito in carcere. O che sono fuggiti all’estero. O che sono stati assassinati. O che sono morti in “circostanze oscure”.

Era giovane, 47 anni, ed era, in apparenza (esiste un video di ieri che lo riprende durante un’udienza) in uno stato di salute non terminale, addirittura sembrava stare bene. Ma sono immagini video, chissà. Le autorità russe forniscono una loro spiegazione alla morte, ma non vale la pena di riportarla, poiché è impossibile verificarla.

Quel che mi interessa discutere ora è di uno dei tanti frutti avvelenati delle dittature, quelle condotte “bene” come quella di Putin. Dopo aver appreso la notizia della morte di Navalny nella nostra redazione si è brevemente discusso della natura dello stato russo attuale, ma si è iniziato anche ad accennare ad una sorte di “classifica” tra stati considerati non democratici. C’è stato a quel punto qualche accenno di divisione, ma la cosa è finita lì, al momento senza strascichi. Forse ci siamo tutti resi conto che una classifica in questo campo non è la cosa più interessante su cui lavorare.

Il nodo però è che le azioni di una dittatura “ben condotta” (uso le virgolette per ovvie ragioni etiche), all’estero, riesce a produrre, con mille metodi effetti che rischiano di essere dirompenti. Riescono a creare, e il regime di Putin è maestro in questo, un infinito rivolo di “sì… però”. Il dibattito pubblico, sui giornali, nelle televisioni, in Italia come in altri Paesi, è pieno di questi confronti, in particolare tra commentatori o militanti progressisti. Non è interessante ora scendere ad analizzare i vari “però”. Quello che interessa è il rischio di confusione tra gente per bene, di onesti sentimenti democratici.

A questo, noi che viviamo in Paesi che hanno mille difetti, anche gravi, anche gravissimi e scandalosi, inaccettabili, dobbiamo rispondere tenendo presente che la democrazia è un valore in sé e che chi non la rispetta è comunque condannabile. Chi nega la democrazia con la forza di uno, di qualcuno, di molti, è dalla parte sbagliata. Punto e basta. Non esiste il “sì… ma” in questi casi, altrimenti si perde il controllo di quel che avviene.

Non so quanti “sì…maaltristi” potranno distinguere tra l’invasione dell’Ucraina e la morte di Navalny, che, comunque sia, in galera ci stava solo perché era un oppositori di Putin che aveva un certo seguito, ed in galera è stato fatto morire. Credo che pochi diranno che tutto sommato Navalny era un provocatore, che tutto sommato aveva lui stesso creato le condizioni per essere imprigionato. Non era forse un uomo simpatico, forse aveva posizioni molti discutibili anche lui, era di certo un forte nazionalista. Ma tutto questo non ha alcuna importanza: era un uomo che si era opposto al presidente del suo Paese e solo per questo è stato condannato a 19 anni di carcere. Dove è poi morto molto prima della scadenza e molto vicino alle elezioni presidenziali.

Da una parte stanno le democrazie, dove si svolgono elezioni di norma libere, da altre parti sta altro. Ciò non pregiudica l’analisi, il ragionamento storico, finanche i rapporti economici. Ma deve sempre esser chiaro questo, da che parte si sta, per poter essere liberi di analizzare senza subire le influenze, sapienti e subdole che i dittatori più abili sanno far filtrare.

 

Tags: dittatureNavalny

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