Bruxelles – Non è solo un altro festival, ma la prima kermesse europea sul giornalismo e l’educazione ai media. È l’ambizione di Voices, che debutterà a Firenze in una tre giorni dal 14 al 16 marzo. Un progetto finanziato al 90 per cento dalla Commissione europea e co-organizzato da tre grandi attori: il Centro per il pluralismo e la libertà dei media dello European University Insitute (Eui), la Federazione europea dei Giornalisti (Fej) e lo European Broadcasting Union (Ebu). Ma con un ideatore che parte da lontano: Giovanni Melogli, presidente dello European Media Initiative e ora coordinatore di un festival che covava in sogno da oltre dieci anni.
Melogli, che da anni vive nella capitale Ue, ha raccontato a Eunews la sua creatura. A partire dalla lunga gestazione. “L’ispirazione è venuta dalla mia esperienza con l’ong francese Alliance Internationale de Journalistes, con cui realizzavamo un festival in Francia”, spiega Melogli. I giochi sono iniziati però tre anni fa, quando insieme alla Fej ha presentato un progetto pilota al Parlamento europeo: “Una volta approvato, è diventato un bando pubblico, che siamo riusciti a portare a casa”.
Tra una settimana a Firenze, l’anno prossimo a Zagabria. Queste le prime due tappe di un festival pensato come itinerante in tutti i Paesi dell’Ue. Non a caso: “Abbiamo immaginato di andare dove c’è più bisogno di noi, dove c’è più bisogno di parlare di libertà dei media”, confessa Melogli, che con il Centro per il pluralismo e la libertà dei media si occupa del Media Pluralism Monitor in tutti i Paesi membri. Si parte dunque dall’Italia e da Firenze, sede dell’Eui.
Il via alle danze il giovedì sera, con un focus sul Paese ospitante assieme ai presidenti della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dell’Ordine dei Giornalisti, Vittorio Di Trapani e Carlo Bartoli. Con un moderatore d’eccezione, Sigfrido Ranucci: “È una scelta editoriale del festival. Il fatto che venga attaccato costantemente da ogni parte è la prova che è un buon giornalista”, dichiara Melogli. Venerdì 15 e sabato 16 marzo invece il festival avrà “uno spirito molto europeo”.
Nei due teatri dedicati per l’occasione a due mostri sacri come Tiziano Terzani e Oriana Fallaci, si susseguiranno ospiti internazionali e temi di strettissima attualità. A partire dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale e il suo rapporto sia con il giornalismo che con l’educazione ai media. E poi un dibattito sul ruolo dei fact-checker: “Chi sono? Il fact-checker non dovrebbe essere in realtà semplicemente il giornalista?”, incalza Giovanni Melogli. Tra gli appuntamenti che gli stanno a cuore, Melogli elenca inoltre una sorta di ted talk intitolato “Possiamo ancora credere ai nostri occhi?”, che indaga la manipolazione delle immagini e in generale il rapporto tra immagini e disinformazione. E poi le elezioni europee alle porte, con un panel sulla “election integrity”, e un filone dedicato a giornalismo e migrazione, con la visione nella serata di venerdì di “Io capitano” di Matteo Garrone.
Senza trascurare il lato del festival dedicato all’alfabetizzazione mediale, in particolare le declinazioni di “genitorialità digitale e benessere digitale”. Riflettere sui danni che può causare la dipendenza dal digitale e dagli schermi, mettere in discussione l’assunto generale della bontà assoluta della trasformazione digitale. Temi di attualità che diventano quesiti filosofici.
Perché secondo il suo ideatore, l’obiettivo ultimo di Voices è fare luce sul ruolo dell’informazione nelle democrazie europee, sul rapporto tra giornalismo, disinformazione e propaganda. Declinato al digitale, al qui e ora. “Che il potere politico, comprese le istituzioni europee, facciano propaganda è sempre successo ed è anche legittimo. Il problema è quando i giornalisti assecondano la propaganda, quando la assorbono passivamente e la comunicano come notizia”, riflette Melogli. Che ricorda poi “i due grandi principi di fondo” su cui dovrebbe ispirarsi il giornalismo: il controllo del potere politico – il famoso “cane da guardia” – è il primo. Ma ce n’è un altro “di cui spesso ci dimentichiamo, il ruolo di mediazione“. Anche questo vorrà essere Voices: un luogo di mediazione, non di quella polarizzazione di cui è sempre più intriso oggi l’ecosistema mediatico.