Bruxelles – Dopo nove mesi di calma apparente, la Bulgaria fallisce la prova della stabilità politica e piomba per l’ennesima volta nel buco nero delle elezioni anticipate. Il prossimo 9 giugno, in concomitanza con le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, gli elettori bulgari si recheranno alle urne per la sesta volta in poco più di tre anni sperando nella formazione di una maggioranza sufficientemente solida all’Assemblea Nazionale per garantire finalmente la nascita di un governo capace di durare. Nel frattempo sarà il presidente della Corte dei Conti di Sofia, Dimităr Glavčev, a svolgere le funzioni di primo ministro ad interim per guidare il Paese alle urne.
Dopo l’assegnazione del mandato a Glavčev sabato scorso (6 aprile) da parte del presidente della Repubblica, Rumen Radev, il governo con data scadenza al 9 giugno ha giurato in Parlamento nella mattinata di oggi (9 aprile) e avrà come unico scopo – fatta eccezione per le questioni di ordinaria amministrazione – l’organizzazione della nuova tornata elettorale. Prima di diventare presidente della Corte dei Conti nazionale, l’oggi indipendente Glavčev è stato deputato del partito conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) dal 2009 al 2021 e da aprile a novembre 2017 è stato speaker dell’Assemblea Nazionale. La nomina di Glavčev e l’annuncio delle elezioni anticipate da parte del presidente Radev è arrivato dopo il rifiuto del mandato da parte della vicepremier e ministra degli Esteri uscente, Mariya Gabriel, per Gerb, e successivamente del premier uscente, Nikolai Denkov, per i liberali di Continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica e di Slavi Trifonov per il movimento populista C’è un popolo come questo.
La crisi di governo ha avuto origine dalle dimissioni da parte del premier Denkov il 5 marzo per onorare il patto di governo del maggio 2023 tra i conservatori e i liberali, che aveva sancito la rotazione di nove mesi tra Gabriel e Denkov alla carica di premier e vicepremier (e ministro degli Esteri). Sono seguiti poi 20 giorni di aspre tensioni tra le due forze a causa delle visioni opposte sul prosieguo degli altri nove mesi dell’alleanza: per i conservatori era considerato necessario un rimpasto consistente del governo, mentre per i liberali la rotazione si sarebbe dovuta limitare al ruolo di primo ministro e di vicepremier/ministro degli Esteri (e quindi solo tra Denkov e Gabriel). È così che 11 membri dell’esecutivo uscente – Denkov incluso – si sono rifiutati di entrare nel nuovo gabinetto Gabriel e, a sua volta, il partito presieduto dal più controverso politico bulgaro, Boyko Borissov, ha tagliato i contatti per una soluzione di compromesso. Si è arrivati così alla rinuncia da parte dell’ex-commissaria europea per l’Innovazione all’incarico affidatole dal presidente Radev e alla successiva crisi di governo non ricomposta. Parlando al Financial Times, l’ormai ex-premier Denkov ha puntato il dito contro il legame tra “corruzione e interferenze russe”, che potrebbe essere alla base del crollo dell’intesa tra liberali e conservatori e una minaccia per le prossime elezioni in Bulgaria.
Tre anni di instabilità politica in Bulgaria
Con l’accordo di governo tra Gerb e Continuiamo il cambiamento sembrava finita l’instabilità politica che ha portato il Paese a svolgere cinque elezioni in due anni esatti. Tutto era iniziato con l’esito delle urne il 4 aprile 2021, quando i conservatori si erano confermati come prima forza, ma in uno scenario politico estremamente frammentato: dopo tre mesi di negoziati falliti per la formazione di un esecutivo, il presidente Radev aveva deciso il ritorno anticipato alle urne. La propaganda anti-sistema aveva premiato il movimento populista C’è un popolo come questo, fondato dallo showman Trifonov alle elezioni dell’11 luglio. Dopo altri quattro mesi di trattative fallimentari tra i partiti, il presidente Radev era stato costretto a convocare nuove elezioni anticipate per novembre dello stesso anno.
Il 14 novembre 2021 un quarto delle preferenze erano andate al partito anti-corruzione Continuiamo il cambiamento, scavalcando i conservatori di Gerb e relegando nell’ombra i populisti di Trifonov. Con l’appoggio proprio di queste due forze Kiril Petkov era stato nominato premier, per la prima volta con un senso di stabilità e programmazione per il futuro del Paese. Sotto la sua guida sono stati portati avanti i colloqui con la Macedonia del Nord per superare la disputa identitaria che bloccava da dicembre 2020 l’apertura dei negoziati per l’adesione di Skopje all’Ue. Proprio questo impegno è stato fatale a Petkov, anche se non gli ha impedito di portare a compimento la revoca del veto: prima il partito di Trifonov è passato all’opposizione e poi, il 22 giugno 2022, il governo è stato sfiduciato con una mozione presentata da Gerb.
Dopo un giro di consultazioni inconcludenti si è tornati al voto a ottobre, con il nuovo primo posto dell’ex-premier Borissov ma la solita incapacità di raggiungere un accordo di governo tra i partiti. Le ultime elezioni del 2 aprile 2023 hanno confermato l’ormai cronico stallo politico: le due formazioni più consolidate si sono ritrovate appaiate attorno al 25 per cento dei voti con i nazionalisti filo-russi e anti-europeisti di Vazrazhdane in ascesa. Anche per questo motivo è stata chiamata la politica di maggiore esperienza a livello europeo e – nonostante le grosse difficoltà a raggiungere un accordo tra la prima e la seconda forza politica – il rischio di scivolare verso il caos filo-russo e anti-europeista alle nuove elezioni ha convinto entrambi i partiti ad accettare un compromesso, rappresentato appunto dall’alternanza alla carica di premier e vicepremier nell’arco di 18 mesi di governo. Con il giuramento del nuovo governo il 6 giugno 2023 Denkov ha assunto subito il ruolo di primo ministro e Gabriel quello di vicepremier e ministra degli Esteri, che si sarebbero dovuti scambiare proprio in queste concitate settimane. E invece si guarda già alle seste elezioni in poco più di tre anni.