Bruxelles – I membri di governi che possono apparire in Tv senza limiti di tempo e senza contradditorio, i giornalisti Rai che si dissociano, la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) che insorge, e la Commissione europea che accende i riflettori sull’Italia. Le nuove mosse della maggioranza non passano inosservate a Bruxelles, dove per ora si resta alla finestra. “La Commissione continuerà a monitorare gli sviluppi relativi alla libertà dei media in tutti gli Stati membri“, inclusa l’Italia, “anche per quanto riguarda la governance dei media di servizio pubblico”, fa sapere un portavoce dell’esecutivo comunitario. La situazione sarà analizzata “in particolare nel contesto della preparazione del rapporto 2024 della Commissione sullo Stato di diritto“.
Al momento a Bruxelles ammettono di non avere una posizione precisa sui progetti di emendamento alle normative nazionali in materia di partecipazione dei politici ai programmi televisivi. Vengono però ricordate quali sono le regole europee. “In termini generali – chiarisce lo stesso portavoce – è essenziale in ogni democrazia che i mezzi di informazione siano indipendenti e forniscano ai cittadini l’accesso a una pluralità di opinioni e a fonti affidabili di informazione“. Ciò, si sottolinea, “è particolarmente importante durante i periodi elettorali”.
Insomma, se le norme volute da governo e maggioranza dovessero violare par condicio e pluralismo per l’Italia scatterebbe la procedura d’infrazione. Per il momento la Commissione non intende agire, ma si limita a mettere in guardia. Il Piano d’azione europeo per la democrazia, adottato dalla Commissione nel 2020, sottolineava già l’importanza della parità di trattamento e di una copertura mediatica equilibrata durante le elezioni. E poi c’è il recente Media Freedom Act di fresca approvazione, che sancisce più diritti e protezione ai giornalisti. Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti, a riprova di una visione della libertà di stampa diversa dagli standard europei.
Italia nel mirino dopo essere già finita nell’occhio del ciclone per le critiche mosse dal Consiglio d’Europa (istituzione non Ue). L’organizzazione per la promozione dei diritti fondamentali ha già accusato il governo attuale di ricorrere alla ‘querela facile’ per ridurre la libertà di stampa nel Paese.