Bruxelles – Manca un ultimo tassello per il completamento dell’iter legislativo del Patto migrazione e asilo, ma le istituzioni Ue e i Paesi membri stanno già iniziando a guardare alla tappa successiva, la più complicata per il futuro di breve e medio periodo. Quella dell’implementazione di una legislazione complessissima, che conta 13 dossier nella riforma voluta dalla Commissione von der Leyen e concordata con estrema fatica da Parlamento e Consiglio dell’Ue negli ultimi quattro anni. “A giugno la Commissione presenterà il piano di attuazione comune, abbiamo 10 elementi costitutivi e realizzeremo anche dei modelli per sostenere gli Stati membri”, ha annunciato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, a margine della conferenza ministeriale sull’attuazione del Patto migrazione e asilo svoltasi a Ghent tra ieri e oggi (29-30 aprile).
Con il via libera definitivo con procedura scritta all’accordo sul Patto migrazione e asilo previsto – ma non ancora confermato, come precisano fonti Ue a Bruxelles – alla riunione dei 27 ministri Ue dell’Economia e delle Finanze il prossimo 14 maggio, un documento di lavoro del segretariato generale del Consiglio dell’Ue ottenuto da Eunews prevede a luglio l’entrata in vigore di tutti gli atti legislativi del Patto e l’applicazione del Regolamento sul reinsediamento, mentre a settembre l’Atto di esecuzione per la creazione di una capacità adeguata per gestire le esigenze future dei Ventisette. Il piano di attuazione comune della Commissione arriverà a giugno, “tre mesi prima di quanto saremmo obbligati per legge”, ha voluto rimarcare la commissaria Johansson, precisando di voler stringere i tempi per “dare tempo agli Stati membri di preparare i propri piani nazionali”. A proposito dei piani di attuazione nazionali, la scadenza per la presentazione è gennaio 2025, “ma ho proposto di presentare le bozze già a novembre, così da poterli discutere e preparare con sufficiente supporto”.
In questo contesto i governi Ue dovranno fare una valutazione “delle esigenze, della legislazione, della formazione, degli approvvigionamenti, delle attrezzature, delle strutture”, facendo affidamento su “team dedicati per supportare ogni Stato membro nell’implementazione, ci stiamo riorganizzando all’interno del mio servizio“, ha spiegato la commissaria svedese alla stampa. Secondo quanto emerge dal documento del Consiglio, entro aprile 2025 dovranno essere presentati anche i piani di emergenza nazionali ed entro giugno/luglio le strategie nazionali, con la scadenza di giugno 2026 per l’entrata in vigore di tutti i dossier del Patto migrazione e asilo. “Ventiquattro mesi passano in fretta, ma non partiamo da zero”, ha sottolineato la responsabile per gli Affari interni del gabinetto von der Leyen, anticipando – ma senza ulteriori dettagli nemmeno da parte dei servizi del Berlaymont – che “14 Stati membri hanno parzialmente iniziato i lavori” di attuazione. Con buona probabilità anche l’Irlanda (che insieme alla Danimarca possiede una clausola di opt-out sugli Affari interni, cioè un’opzione di non-partecipazione) parteciperà pienamente a questo processo, dopo la decisione sull’opt-in da parte del governo di Dublino che ora “ha bisogno solo dell’approvazione del Parlamento”, ha precisato Johannson.
La base del Patto migrazione e asilo
La base su cui si imposta il nuovo complessissimo sistema del Patto migrazione e asilo (qui la spiegazione nel dettaglio) è il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone migranti tra i Ventisette. Il primo concetto permea il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come accade oggi.
Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai famoso meccanismo di solidarietà obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif). Nessun ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di “inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e per minori non accompagnati).
Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della responsabilità c’è quello di portare a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a 12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30 mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera, determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre anni precedenti.