Bruxelles – Le premesse c’erano tutte, le avvisaglie e le indicazioni implicite nel corso dell’ultimo anno anche. Eppure è servito arrivare fino all’ultimo dibattito elettorale prima delle europee del 6-9 giugno per avere la conferma netta e inequivocabile che l’attuale presidente della Commissione Europea e Spitzenkandidatin (candidata comune) del Partito Popolare Europeo (Ppe), Ursula von der Leyen, è disponibile a cooperare con la prima ministra italiana e presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (Ecr), Giorgia Meloni, nel corso della prossima legislatura: “È sicuramente pro-europea, pro-Stato di diritto e anti-Putin, in questo caso le possiamo offrire una collaborazione“, ha dichiarato von der Leyen, rispondendo alle domande incalzanti dei moderatori dell’Eurovision Debate 2024 organizzato oggi (23 maggio) dall’Unione europea di radiodiffusione (Ebu) al Parlamento Europeo.
Un dibattito a cui si sono presentati i candidati comuni di cinque famiglie politiche europee – Ursula von der Leyen per i popolari, Nicolas Schmit per i socialdemocratici, Terry Reintke per i Verdi europei, Sandro Gozi per i liberali di Renew Europe Now e Walter Baier per la Sinistra – mentre erano assenti (perché hanno scelto di non partecipare al sistema degli Spitzenkandidat) le due che hanno infiammato il dibattito nell’emiciclo di Strasburgo proprio per le potenziali alleanze post-elettorali del Ppe: le destre conservatrici ed estreme di Ecr e di Identità e Democrazia (Id). “Il Parlamento Europeo formerà gruppi dopo le elezioni, per questo è importante stabilire principi chiari con chi vogliamo lavorare“, ha ribadito von der Leyen le sue tre linee-rosse: “Essere pro-europei, pro-Ucraina – e quindi anti-Putin – e pro-Stato di diritto”. Da questo nuovo ‘cordone sanitario’ rimangono esclusi i partiti di Id, di cui fa parte la Lega e dal cui gruppo parlamentare sono appena stati espulsi i tedeschi di Alternative für Deutschland: “Rassemblement National, AfD e Konfederacja hanno nomi diversi ma una cosa in comune: sono amici di Putin e vogliono distruggere l’Europa”.
L’obiettivo è quello di “creare una maggioranza forte per un’Europa forte, il centro deve tenere“, ha rivendicato von der Leyen, non svelando del tutto le sue carte per il post-9 giugno: “Non ho detto che intendo collaborare con Ecr, parlo di membri del Parlamento Europeo, in base a dove si collocheranno decideremo come si può configurare una maggioranza”. Perché il Parlamento Europeo “è diverso dai Parlamento nazionali, la maggioranza non vota all’unanimità ma in funzione dei provvedimenti”, e questo apre chiari scenari di collaborazione con Meloni e con i futuri eurodeputati di Fratelli d’Italia. Sulla falsariga di quanto andato in scena nel 2019, quando il gabinetto von der Leyen trovò la maggioranza all’Eurocamera anche grazie al sostengo di una parte del gruppo di Ecr (tra cui i polacchi di Diritto e Giustizia), ma non con un’alleanza organica. Incalzata sulla questione della collaborazione con Meloni e i principi che le contraddistinguono, von der Leyen ha spiegato di avere “un approccio diverso su questioni come i diritti Lgbtq+, ma ora parliamo di deputati, non di gruppi” e in ogni caso “ho lavorato molto bene con Meloni al Consiglio come con gli altri leader”.
Durissima la replica dello Spitzenkandidat del Partito del Socialismo Europeo: “Bisogna definire cosa si intende per ‘pro-europei’, non posso pensare che Meloni e von der Leyen abbiano la stessa idea di Europa“, ha attaccato Schmit, mettendo in chiaro che i socialdemocratici non stringeranno alleanze “con chi mette in discussione i valori europei”, compreso chi in Italia è responsabile di un “assalto ai media e ai diritti delle donne”. L’attuale commissario lussemburghese per il Lavoro e i diritti sociali ha rincarato poi la dose nel punto stampa al termine del dibattito: “Non faccio distinzioni tra Vox e Meloni, perché ogni volta che Vox organizza una conferenza, Meloni è invitata”, in riferimento all’ultimo evento del partito di estrema destra spagnolo il 19 maggio. “Quello che dice lì potrebbe essere un po’ diverso da quello che dice al Consiglio Europeo, ma alla fine è probabilmente quello in cui crede veramente“, e per questa ragione “non c’è modo di avere alcun tipo di accordo con l’estrema destra, siamo fermi e siamo chiari, non possiamo fare concessioni”. A differenza dell’ambiguità mostrata dal Ppe, che “non ha voluto sottoscrivere la dichiarazione congiunta per non siglare alleanze con l’estrema destra”, ha attaccato ancora Schmit.
Sulla stessa onda anche gli altri tre Spitzenkandidaten, tutti contrari a uno scivolamento verso destra. “Dobbiamo evitare di vedere amici di Putin al Parlamento Europeo, dopo le rivelazioni di politici in contatto con Russia e Cina”, ha messo in chiaro l’attuale co-presidente del gruppo dei Verdi/Ale all’Eurocamera e candidata comune del Partito Verde Europeo Reintke, che ha insistito anche sul fatto che “il Green Deal rischia di saltare con un’alleanza tra Ppe ed Ecr, sarebbe un rischio per la natura e per le prossime generazioni”. Lo Spitzenkandidat austriaco del Partito della Sinistra Europea ha avvertito che “al centro dell’ascesa dell’estrema destra c’è la questione sociale, se non diamo lavori sicuri, alloggi e una vita dignitosa, non vinceremo contro di loro”, senza dimenticare che “non dobbiamo assorbire nel discorso politico la narrativa della destra”, ha aggiunto Baier. Ma tutti gli occhi erano puntati su Gozi (uno dei tre candidati comuni per la campagna Renew Europe Now), dal momento in cui dalle intenzioni dei liberali dipenderà il futuro di uno slittamento delle alleanze verso destra: “Non capisco come il Ppe sia disposto a collaborare con Vox, Meloni ed Ecr, che vogliono smantellare l’Europa dall’interno, più il Ppe si avvicina a Meloni ed Ecr, più si allontana da noi“, ha chiuso la porta a questo scenario il segretario generale del Partito Democratico Europeo.
A proposito di liberali, popolari ed estrema destra, è da rimarcare il fatto che il candidato comune di Renew Europe Now intervenuto all’ultimo dibattito pre-elezioni europee si è dovuto smarcare da quanto sta accadendo nei Paesi Bassi, dove i liberali del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Vvd) hanno dato il semaforo verde a un governo con il partito di estrema destra anti-migrazione, anti-islamico e fortemente euroscettico Pvv (Partito per la Libertà). “È un grave errore se a livello nazionale si inizia a instaurare un dialogo con l’estrema destra”, ha messo in chiaro Gozi, anche se ha temporeggiato sulla questione olandese, affermando sì che “sarebbe un grande errore”, ma in ogni caso “nei Paesi Bassi non c’è ancora un governo”. La questione della possibile espulsione del Pvv dal gruppo di Renew Europe “sarà discussa il 10 giugno come primo punto all’ordine del giorno” dopo le elezioni europee, “poi decideremo democraticamente, e non ci vorranno anni come il Ppe su Viktor Orbán o il Pes su Robert Fico“. Una risposta non sufficiente né per Baier né per Reintke. “Sono scioccato, non è possibile che i liberali vadano a braccetto con l’estrema destra”, ha attaccato il primo, mentre la Spitzenkadidatin dei Verdi ha rimarcato il fatto che “i liberali hanno responsabilità, visto che in campagna elettorale non escludevano un’alleanza con Geert Wilders“, ma “sappiamo che siete europeisti e vogliamo vedere che, se ci sono alleanze con l’estrema destra, ci sono anche conseguenze”.