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Home » Editoriali » La scomposizione (e la ricomposizione) della destra europea, per contare di più

La scomposizione (e la ricomposizione) della destra europea, per contare di più

Lorenzo Robustelli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LRobustelli" target="_blank">@LRobustelli</a> di Lorenzo Robustelli @LRobustelli
23 Maggio 2024
in Editoriali
Meloni von der Leyen Ue Italia

Passa a destra il grande lavoro pre-elettorale in queste elezioni per la decima legislatura europea. Dal centro alla sinistra le forze politiche restano quelle tradizionali: socialisti con socialisti, verdi con verdi, sinistra con sinistra. A partire dal Partito popolare (Ppe) e spostandosi verso destra invece c’è un grande lavorio, un po’ come in una volata di una corsa ciclistica, tutti stanno cercando le posizioni migliori per l’affondo finale.

E l’affondo finale è quello di presentarsi senza la zavorra delle posizioni più estreme, per poter entrare nel novero delle forze “pro Europa” invocata da Ursula von der Layen per poter essere accreditati alla partecipazione ad una maggioranza di governo, che, a differenza dei sistemi nazionali, può essere variabile durante la legislatura, ha ricordato la presidente della Commissione.

I partiti sovranisti e nazionalisti sono uniti in due gruppi parlamentari, ma proprio per la loro natura in realtà hanno spesso grandi difficoltà nel lavorare insieme su progetti comuni. Ci sono persino forze come i Conservatori europei, presieduti da Giorgia Meloni, che non hanno presentato un candidato unitario alla presidenza della Commissione, probabilmente con l’obiettivo di “aggiustare il tiro”, magari spazzando via qualche presenza fastidiosa una volta chiuse le urne. Il gruppo Id non ha nemmeno presentato un programma comune.

Il nodo è il Ppe, il maggior partito europeo, fatto di varie anime, anche molto diverse tra loro. C’è di dice, per esemplificare, che un popolare del Nord Europa in realtà su certi temi è più a sinistra di un esponente del Pd italiano. Questo è forse un eccesso, ma è vero che il partito ha anime che guardano decisamente in direzioni diverse, come è stato chiaro quando il presidente del gruppo parlamentare Manfred Weber, sul finire della legislatura in corso, ha tentato di spostare i suoi deputati su un accordo con la destra in una delle leggi sul Green Deal, venendo sconfitto perché gran parte dei suoi non l’hanno seguito. La stessa nomina di von der Leyen a candidata presidente al congresso del Ppe non è stata un successo di unitarietà.

Dunque le forze della destra radicale, della destra estrema, insomma, tutte quelle che siedono a destra del Ppe e che hanno voglia di avere un ruolo nelle decisioni europee stanno cercando la via per farsi “accettare” per lo meno dal grosso di quel partito.

A questo va aggiunto che il partito che potrebbe diventare quello che prende più voti in Europa (a livello nazionale) cioè il Rassemblement National, sta da anni spostandosi su posizioni più moderate perché la sua leader, Marine Le Pen, vede come possibile una vittoria alle prossime presidenziali francesi, per la quale, però, ha bisogno di allargare la sua base elettorale. Non essendoci praticamente nessuno più a destra, deve guardare verso il centro. Questo non vuol dire che cerca un appeasement con i popolari, ma il movimento va, anche in questo caso, in quella direzione. Se poi Le Pen dovesse diventare presidente dei francesi allora le cose potrebbero ancora cambiare, un po’ come è stato per Giorgia Meloni, che da quando è prima ministra sembra essere diventata la migliore amica di von der Leyen, ed ha abbandonato le posizioni fortemente euroscettiche tenute per anni.

Oggi (è il 23 maggio) Le Pen, dopo mesi di tensioni, ha deciso di espellere dal gruppo Identità e Democrazia (Id) del Parlamento europeo i tedeschi dell’AfD. La Lega ha dovuto accettare la scelta, anche perché nel prossimo Parlamento la rappresentanza nazionale più numerosa in quel gruppo sarà proprio quella francese e non più quella italiana. Rappresentanza italiana che, per quanto si manifesti come euroscettica, è parte di una coalizione di governo guidata da Meloni, e dunque più di tanto, a Bruxelles, non può scatenarsi.

Sempre oggi, durante un dibattito tra candidati presidenti della Commissione, von der Leyen è stata chiara nell’accreditare questo disegno di “moderazione”, che evidentemente sostiene. “Ho lavorato molto bene con Meloni, come con gli altri membri del Consiglio europeo”, ha chiarito alla giornalista che le chiedeva che rapporti vorrà avere con i Conservatori dopo le elezioni. “Sui punti concreti vedremo chi è pro europeo, Meloni è pro europea, è pro stato di diritto, le possiamo offrire di collaborare”, ha dunque precisato. Ma è qui che ha “scoperto il gioco” in corso a destra, quando la giornalista le ha chiesto se “è pronta a collaborare con l’Ecr”, “Non ho detto questo – ha risposto von der Leyen, lavoreremo con chi è pro ucraina, contro Putin e per l’Ue. Non parlo di gruppi, parlo di deputati che vanno nei vari gruppi. Non c’è ancora chiarezza sulla composizione dei gruppi”, ha sottolineato, svelando il lavorio in corso.

 

Tags: destraeuropee24Marine Le Pen

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