Bruxelles – Mentre l’attenzione di tutta Europa era tutta focalizzata sull’esito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, la Bulgaria è tornata ieri (9 giugno) al voto anticipato per l’ennesima volta, la sesta in tre anni. Nonostante qualche flessione, il quadro generale degli equilibri politici non subisce colpi troppo pesanti e questa non è necessariamente una buona notizia, considerata la difficoltà nel trovare accordi all’Assemblea Nazionale per dare vita a una maggioranza abbastanza solida da durare più di qualche mese.
Con lo spoglio delle schede arrivato ormai all’85 per cento del totale, si conferma come prima forza il partito conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) dell’ex-premier Boyko Borissov, che ha rivendicato già in serata la vittoria alle urne nonostante la leggera flessione rispetto alla precedente tornata dell’aprile 2023 (-1,7 per cento). Crollano invece al 14,54 per cento i liberali di Continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica (-8), che scontano la spina staccata in primavera al governo di coalizione con Gerb, proprio nel momento del passaggio della staffetta della guida dell’esecutivo da Nikolai Denkov all’ex-commissaria europea Mariya Gabriel. I liberali vengono scavalcati come seconda forza nel futuro Parlamento dai centristi del Movimento per i Diritti e le Libertà (Dps, aderenti alla famiglia dei liberali europei dell’Alde) con il 15,34 per cento, mentre non prende forza l’estrema destra filo-russa ed anti-Ue di Vazrazhdane (Rinascita), ancora attorno al 13,5 per cento dei voti come un anno fa. Continua lo stillicidio del Partito Socialista Bulgaro (Bsp) al 6,76 per cento, il risultato peggiore di sempre, mentre riprendono un po’ di vigore i populisti di C’è un popolo come questo (Itn) con il 5,94 per cento (+2).
A questo punto è però tutta da costruire una maggioranza all’Assemblea Nazionale, per raggiungere quantomeno la quota minima di 121 seggi (su 240) per ottenere la maggioranza che sosterrà il futuro esecutivo. Ed è alla fine questo il vero scoglio nel Paese più instabile di tutta l’Unione Europea negli ultimi tre anni. Mentre gli affari correnti saranno gestiti dal premier ad interim, Dimităr Glavčev, il presidente della Repubblica, Rumen Radev, affiderà a Gerb il primo mandato per tentare di trovare un accordo in Parlamento presumibilmente con i centristi di Dps, ma si dovrà cercare soprattutto un terzo partner di coalizione. Difficilmente saranno i liberali di Pp-Db – sia a causa della sconfitta alle urne, sia dei recenti screzi con il partito conservatore che aderisce alla famiglia del Partito Popolare Europeo (Ppe) – mentre gli occhi sono di nuovo puntati su un sostegno (anche esterno) dei populisti dello showman Slavi Trifonov.
Guardando ai risultati europei della Bulgaria – il voto per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale e quello per il nuovo Parlamento Ue si sono svolti in parallelo il 9 giugno – Gerb si afferma come prima delegazione con 6 eurodeputati, mantenendo stabile il numero dei suoi membri nel gruppo del Ppe nonostante il notevole arretramento in termini percentuali rispetto a cinque anni fa (dal 31,07 al 22,94). Aumenta a 5 membri la delegazione liberale bulgara nel gruppo di Renew Europe – con Dps che rimane stabile con 3, più i 2 nuovi membri di Pp-Db – mentre si dimezzano i socialisti (da 4 a 2) e spariscono i nazionalisti del Movimento Nazionale Bulgaro (Vmro) dal gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr). Dovranno invece trovare una casa politica al Parlamento Ue i 3 nuovi eurodeputati ultranazionalisti e filo-russi di Vazrazhdane e l’unico eletto dei populisti di Itn.
Tre anni di instabilità politica in Bulgaria
Con l’accordo di governo tra Gerb e Continuiamo il cambiamento del maggio 2023 sembrava finita l’instabilità politica che ha portato il Paese a svolgere cinque elezioni in due anni esatti. Tutto era iniziato con l’esito delle urne il 4 aprile 2021, quando i conservatori si erano confermati come prima forza, ma in uno scenario politico estremamente frammentato: dopo tre mesi di negoziati falliti per la formazione di un esecutivo, il presidente Radev aveva deciso il ritorno anticipato alle urne. La propaganda anti-sistema aveva premiato il movimento populista C’è un popolo come questo, fondato dallo showman Trifonov alle elezioni dell’11 luglio. Dopo altri quattro mesi di trattative fallimentari tra i partiti, il presidente Radev era stato costretto a convocare nuove elezioni anticipate per novembre dello stesso anno.
Il 14 novembre 2021 un quarto delle preferenze erano andate al partito anti-corruzione Continuiamo il cambiamento, scavalcando i conservatori di Gerb e relegando nell’ombra i populisti di Trifonov. Con l’appoggio proprio di queste due forze Kiril Petkov era stato nominato premier, per la prima volta con un senso di stabilità e programmazione per il futuro del Paese. Sotto la sua guida sono stati portati avanti i colloqui con la Macedonia del Nord per superare la disputa identitaria che bloccava da dicembre 2020 l’apertura dei negoziati per l’adesione di Skopje all’Ue. Proprio questo impegno è stato fatale a Petkov, anche se non gli ha impedito di portare a compimento la revoca del veto: prima il partito di Trifonov è passato all’opposizione e poi, il 22 giugno 2022, il governo è stato sfiduciato con una mozione presentata da Gerb.
Dopo un giro di consultazioni inconcludenti si è tornati al voto a ottobre, con il nuovo primo posto dell’ex-premier Borissov ma la solita incapacità di raggiungere un accordo di governo tra i partiti. Le ultime elezioni del 2 aprile 2023 hanno confermato l’ormai cronico stallo politico: le due formazioni più consolidate si sono ritrovate appaiate attorno al 25 per cento dei voti con i nazionalisti filo-russi e anti-europeisti di Vazrazhdane in ascesa. Anche per questo motivo è stata chiamata la politica di maggiore esperienza a livello europeo e – nonostante le grosse difficoltà a raggiungere un accordo tra la prima e la seconda forza politica – il rischio di scivolare verso il caos filo-russo e anti-europeista alle nuove elezioni ha convinto entrambi i partiti ad accettare un compromesso, rappresentato appunto dall’alternanza alla carica di premier e vicepremier nell’arco di 18 mesi di governo. Con il giuramento del nuovo governo il 6 giugno 2023 Denkov ha assunto subito il ruolo di primo ministro e Gabriel quello di vicepremier e ministra degli Esteri, che si sarebbero dovuti scambiare in primavera, prima del crollo improvviso e il nuovo ritorno alle urne.