Bruxelles – È il giorno dei top jobs, quello che potrebbe diventare decisivo per i prossimi cinque anni di legislatura nell’Unione Europea. Quando a Bruxelles è tutto pronto per il vertice informale dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri, le nomine Ue di alto livello delle principali istituzioni dell’Unione prendono dei contorni sempre più definiti ogni ora che passa, con lo scenario di una rapida spartizione delle più alte cariche a pochissimi giorni dalle elezioni europee mai così concreta.
A partire dal tardo pomeriggio di oggi (17 giugno) i leader Ue si incontreranno a Palazzo Europa per fare un primo punto sullo stato dell’arte dopo la tornata di voto del 6-9 giugno – insieme alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Parlamento, Roberta Metsola – prima della vera e propria cena informale in cui sarà sul tavolo il pacchetto di nomine Ue che già da giorni si compone di una rosa di quattro nomi per quattro cariche: quelli di von der Leyen e Metsola per la conferma nelle rispettive istituzioni Ue, quello dell’ex-premier portoghese, António Costa, per il Consiglio Europeo, e quello della premier estone, Kaja Kallas, come alta rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. Dopo le polemiche della scorsa settimana per il tentativo del presidente del Consiglio Europeo in carica, Charles Michel, di escludere completamente la numero uno della Commissione Ue dal vertice informale – in quanto anche principale candidata a succedere a se stessa – von der Leyen (con Metsola) parteciperà alla prima sessione di lavori, lasciando poi il tavolo quando i 27 leader dovranno parlare anche della sua posizione.
Se sarà confermato al vertice informale di oggi, il pacchetto di nomine Ue – due al Partito Popolare Europeo (Ppe), una al Partito del Socialismo Europeo (Pse) e una ai liberali di Renew Europe – passerà al Consiglio Europeo in programma giovedì e venerdì della prossima settimana (27-28 giugno) per gli incarichi ufficiali. Solo l’elezione della presidenza del Parlamento Europeo è di competenza esclusiva della stessa Eurocamera, mentre quella della Commissione Europea dovrà passare anche dalla conferma della sessione plenaria, dove già c’è una maggioranza chiara tra popolari, socialdemocratici e liberali (e con la possibilità di ingresso dei Verdi). Intanto però sono già arrivate le prime indicazioni che un accordo generale tra i Ventisette potrebbe concretizzarsi già al vertice di oggi, spianando la strada a uno dei processi di nomine Ue più rapidi di sempre.
“Penso che si possa avanzare efficacemente, è quello che auspico, spero che potremo trovare un accordo rapidamente”, ha anticipato il presidente francese, Emmanuel Macron, dopo un primo confronto al vertice G7 della settimana scorsa in Puglia, rimarcando comunque che “è una discussione che si fa a Ventisette”. L’inquilino dell’Eliseo, che alla vigilia delle europee rappresentava l’incognita maggiore per la conferma di von der Leyen, deve affrontare ora la campagna elettorale per le elezioni anticipate in Francia del 30 giugno e non sembra avere interessi in uno slittamento delle nomine Ue. A questo proposito è invece la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, ad aver sollevato – sempre a margine del G7 – alcuni dubbi sulle tempistiche, definendo “di buon senso” la possibilità di aspettare l’esito del voto francese prima della decisione sui vertici delle istituzioni Ue. In ogni caso sarà sempre Macron l’interlocutore al tavolo del Consiglio Europeo e per l’Italia il rinvio “non è un tema pregiudiziale”, ha rassicurato la leader italiana. Ad aprire con decisione è invece il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che a un gruppo di giornalisti al termine dei lavori a Fasano ha anticipato che “ci sono tutti i segnali che von der Leyen potrà ricoprire un secondo mandato“, considerato in particolare il fatto che le decisioni a Bruxelles sulle nomine Ue devono essere prese “molto rapidamente” e “in un colpo solo” per “consentire all’Unione Europea di agire” in un contesto globale incerto e minaccioso.
Il pacchetto di nomine Ue sul tavolo dei Ventisette
I popolari europei hanno già confermato che, dopo la convincente prova elettorale dei partiti nazionali affiliati al Ppe, si aspettano di ottenere sia la presidenza della Commissione sia quella del primo “turno” di due anni e mezzo del Parlamento, in linea di perfetta continuità con la fine della nona legislatura. Questo vale anche per quanto riguarda i nomi, che sono rispettivamente quello della tedesca von der Leyen e della maltese Metsola. Per quanto riguarda la prima, non sembrano al momento esserci alternative credibili per la leadership dell’esecutivo dell’Unione, anche se von der Leyen deve guardarsi dall’incertezza politica che regna in diverse capitali dopo le elezioni europee. Per quanto riguarda la presidenza del Parlamento Europeo il nome forte è sempre quello di Metsola, che guida l’istituzione Ue dal gennaio 2022, e la probabile elezione dovrebbe arrivare alla sessione plenaria inaugurale della decima legislatura tra il 16 e il 19 luglio: per quanto riguarda la staffetta tra popolari e socialdemocratici alla presidenza del Parlamento Ue nel corso dei prossimi cinque anni di legislatura, diverse fonti nei due gruppi avvertono che è un tema ancora prematuro e che dipenderà dalla distribuzione delle cariche nelle altre istituzioni Ue.
I socialisti europei stanno puntando tutte le carte sulla prossima presidenza del Consiglio Europeo, dopo essersi riconfermato come seconda forza all’Eurocamera e limitando il rischio di emorragia di voti. I socialisti europei rimangono il partner imprescindibile per i popolari nella maggioranza centrista al Parlamento Ue e per questo motivo, considerato il parallelo crollo dei liberali, ora puntano a qualcosa di più dell’alto rappresentante Ue (come negli ultimi due mandati). Il chiaro favorito è l’ex-premier portoghese Costa, che avrebbe già incassato l’appoggio del governo di centro-destra presieduto da Luís Montenegro, e nemmeno nelle altre capitali viene considerata un problema la bufera dell’inchiesta di presunta corruzione che lo ha costretto alle dimissioni nel novembre 2023, pur non riguardandolo personalmente.
E infine c’è l’ultima carica in ballo dopo le elezioni europee, che nella logica di spartizione dei vertici delle istituzioni Ue tra partiti dovrebbe essere rivendicata dai liberali. In pole position per il posto di alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza c’è l’attuale premier estone Kallas, che dal 24 febbraio 2022 si è ritagliata il ruolo di irreprensibile leader al fianco dell’Ucraina invasa dalla Russia, tra i più decisi al tavolo dei 27 leader Ue. Proprio questa carta potrebbe valere alla premier estone la promozione alla guida della politica estera dell’Unione, come dichiarazione di un sostegno a Kiev che dopo oltre due anni non è destinato a venire meno da Bruxelles. Un altro indiziato da un punto di vista geografico e di appoggio netto all’Ucraina è l’attuale ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ma – a differenza di Kallas – non avrebbe le credenziali partitiche (è un popolare) e meno peso sul piano politico.