Bruxelles – È passato ormai un mese da quando la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e diversi sindacati internazionali dei giornalisti hanno chiesto alla Commissione europea di avviare un’indagine sugli attacchi alla stampa da parte del governo di Giorgia Meloni. La data sul calendario per una prima valutazione era quella del 3 luglio, giorno previsto per la possibile pubblicazione del Rapporto annuale sullo stato di diritto nei Paesi membri. Ma a Bruxelles non sembrano avere fretta. L’adozione del rapporto potrebbe slittare più avanti e arrivare solo una volta chiusi i giochi per la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea.
Nell’ultima lista indicativa dei punti all’ordine del giorno alle prossime riunioni del Collegio dei commissari – pubblicata l’11 giugno -, il rapporto sullo stato di diritto è ancora previsto il prossimo 3 luglio. Ma oggi (17 giugno), il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer, ha lasciato spazio a eventuali ritardi. “Sono i capi di gabinetto, nella loro riunione settimanale, a stabilire l’ordine del giorno (del collegio dei commissari, ndr) in base al fatto che il lavoro sia sufficientemente avanzato o meno”, ha spiegato durante il briefing quotidiano con la stampa.
La riunione dei capi di gabinetto si terrà domani (18 giugno). Lì i responsabili dei vari dipartimenti decideranno come pianificare i prossimi lavori dei commissari e dove inserire il Rapporto sullo stato di diritto. “Vedremo quando il Collegio sarà in grado di adottarlo“, ha dichiarato ancora Mamer. Da quando è stato lanciato nel 2020, il rapporto sullo stato di diritto è stato sempre adottato nella prima metà di luglio. Salvo il primo anno, in cui non fu pronto prima di settembre.
A scatenare la polemica su un apparentemente innocuo rinvio non è solo il fatto che in questo modo la Commissione europea dimostrerebbe di non ritenere urgente analizzare la situazione dei media in Italia, come sollecitato invece dalla categoria stessi dei giornalisti italiani e dalla Federazione europea dei giornalisti (EFJ), dal Movimento Europeo Internazionale (EMI), dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ), dall’Istituto per la Diversità dei Media (MDI Global) e dall’OBC Transeuropa. Ma ancor più grave sarebbe rimandare la valutazione se fosse per mero tornaconto politico di von der Leyen, a un passo dalla rielezione alla guida della Commissione europea.
Secondo quanto riportato dalla testata Politico, il rapporto evidenzierà inevitabilmente il preoccupante giro di vite sulla libertà dei media in Italia da quando Meloni siede a palazzo Chigi. E alcune fonti interne alla Commissione avrebbero rivelato a Politico che il gabinetto della presidente avrebbe chiesto esplicitamente di posticipare la pubblicazione del rapporto, perché potrebbe ostacolare la corsa di von der Leyen verso la rielezione. “C’è visibilmente la volontà di frenare le questioni relative all’Italia e allo Stato di diritto”, è il virgolettato di un funzionario riportato dalla testata.
Il motivo è presto detto, ed è da ricercare nei tentativi di von der Leyen di assicurarsi il beneplacito di Meloni e l’appoggio degli eurodeputati dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) – di cui la premier italiana è presidente – necessari per essere confermata a palazzo Berlaymont. “Von der Leyen ha politicizzato il rapporto sullo stato di diritto e utilizza l’applicazione delle leggi come una merce, da abbandonare in cambio di posti di lavoro”, l’ha immediatamente attaccata l’eurodeputata liberale, Sophie in ‘t Veld.
Incalzato dalla stampa internazionale, il portavoce della Commissione europea ha infine risposto stizzito: “Non ci interessa cosa dicono le persone all’esterno su ogni singolo argomento che riguarda il nostro lavoro, abbiamo voluto che la qualità del rapporto fosse impeccabile e quindi sarà presentato quando lo riterremo idoneo all’adozione”.