Bruxelles – A febbraio il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, si aspettava che la quota di membri dell’Alleanza Atlantica in grado di raggiungere il target del 2 per cento di spesa in difesa rispetto al Pil salisse a 18. Solo quattro mesi più tardi, il nuovo report Spesa per la difesa dei Paesi Nato (2014-2024) pubblicato nella tarda serata di ieri (17 giugno) mostra che in realtà sono 23 su 32 i Paesi che hanno superato la soglia minima (l’Islanda è esclusa dalle statistiche, in quanto unico membro senza un esercito), rispetto agli 11 del 2023. L’Italia è ora in minoranza – uno degli 8 membri sotto l’asticella – con l’1,49 per cento di spesa per la difesa, con un aumento di 0,3 punti percentuali nell’ultimo anno.
“Gli alleati europei e il Canada stanno davvero intensificando lo sforzo e assumendo la loro parte di responsabilità comune nel proteggere tutti noi“, sono state le parole del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante il colloquio di ieri alla Casa Bianca, in cui è stato fatto il punto sugli obiettivi di spesa dell’Alleanza Atlantica. A confermarlo sono proprio i dati pubblicati nel report 2024: dei 23 Paesi Nato sopra il 2 per cento, 16 sono anche membri Ue (Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Svezia, Ungheria) e 4 candidati all’adesione Ue (Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Turchia). Considerato che Austria, Cipro, Irlanda e Malta non aderiscono all’Alleanza Atlantica, sono 7 gli altri Stati membri Ue ancora non allineati (oltre all’Italia, anche Belgio, Croazia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna) insieme al Canada (con l’1,37 per cento). Dei membri Nato che ora soddisfano i criteri minimi di spesa per la difesa sul Pil, 4 sono sopra il 3 per cento (Grecia, Lettonia, Stati Uniti ed Estonia) e la Polonia raggiunge il 4,12 per cento.
Le tensioni Trump-Nato sulla spesa militare
Quando mancano pochi mesi alle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti, alla Nato risuonano ancora minacciose le parole durissime dell’ex-inquilino della Casa Bianca e candidato repubblicano, Donald Trump, contro gli altri 31 alleati della Nato, pronunciate il 10 febbraio durante un comizio in South Carolina. Ricordando i suoi anni da presidente degli Stati Uniti, Trump aveva rivelato che “uno dei leader di un grosso Paese ha chiesto ‘Se non paghiamo e veniamo attaccati dalla Russia, ci proteggerete?’, e io ho risposto ‘Non avete pagato, non vi proteggeremo. Li incoraggerei [i russi, ndr] a farvi quello che diavolo vogliono”. Una prospettiva inquietante in vista di un’eventuale ri-elezione di The Donald alla Casa Bianca per i rischi di una futura estensione del conflitto in Europa.
A strettissimo giro lo stesso segretario della Nato Stoltenberg aveva avvertito che “non dobbiamo minare la deterrenza della Nato su cui stiamo investendo, anche nel modo in cui comunichiamo“, considerata soprattutto la necessità di “non lasciare spazio a Mosca per errori di calcolo e malintesi sulla nostra risolutezza nel difenderci”. Al contrario “ogni suggerimento che non ci proteggeremo, ci mette tutti a rischio“, e questa non è una questione di secondaria importanza nemmeno per Washington: “Non hanno mai combattuto una guerra da soli senza gli alleati Nato, dalla Corea all’Afghanistan, e l’unica volta in cui siamo ricorsi all’articolo 5 è stato per un attacco agli Stati Uniti“. Inoltre Stoltenberg era stato chiaro sul fatto che più gli statunitensi sono “preoccupati dalla Cina, più hanno bisogno di una Nato forte”.