Bruxelles – I conti pubblici italiani adesso diventano un caso. Troppo insostenibili, e quindi tali da fare della Repubblica un sorvegliato speciale. “L’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo basata sul deficit è giustificata“, è il verdetto della Commissione europea, peraltro annunciato, che adesso è ufficiale. L’esecutivo comunitario avvia il procedimento che implica sorveglianza rafforzata per sette Paesi, con l’Italia nel gruppo. Gli altri sono Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia, che si aggiungono alla Romania, per cui la stessa procedura è stata avviata nel 2020.
Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia, prova a rassicurare. “Questo non significa un ritorno all’austerità, perché sarebbe un terribile errore”. Si tratta, spiega, di “rafforzare la competitività, accelerare l’attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza e compiere i primi passi nell’applicazione della nostra nuova governance economica”. Ma pure “la necessità di prudenza di bilancio”. Niente spesa pubblica, se non quella ‘autorizzata’ per la doppia transizione e la difesa, nel rispetto del nuovo patto di stabilità come approvato anche dal governo Meloni.
Certo il lavoro da fare non manca. Perché la procedura per deficit eccessivo significa ridurre gli squilibri. Taglio della spesa, attraverso una strategia credibile, monitorata da Bruxelles, e raccomandazioni da seguire alla lettera. L’Italia è dunque ufficialmente ‘commissariata’. O meglio, non ancora. E’ solo ‘pre-commissariata’, perché si annuncia l’intenzione di aprire le procedure, lasciando al Consiglio il compito di pronunciarsi, tra un mese: “La Commissione intende proporre al Consiglio di avviare procedure di disavanzo eccessivo basate sul deficit per questi Stati membri nel luglio 2024 (nello specifico il 16 luglio, giorno di Ecofin, ndr)”.
Una mossa politica, quella dell’esecutivo comunitario. La presidente uscente della Commissione, Ursula von der Leyen, è a caccia di un secondo mandato e ha bisogno del sostegno dei leader. Il rapporto sullo Stato di diritto è stato rinviato al 24 luglio, dopo il voto che, da calendario, l’Aula del Parlamento potrebbe tenere per votare il nuovo presidente dell’istituzione comunitaria (18-19 luglio). Von der Leyen decide di non indispettire troppo coloro a cui deve chiedere i voti. Ecco perché le raccomandazioni quantitative, quelle contenente numeri e obiettivi e riduzioni di debito, sono rinviata a un secondo momento. Fa il minimo indispensabile previsto dai trattati, per evitare strappi e guerra aperta con i governi nel momento del loro bisogno a fini elettorali.
Cambia poco, per il governo tricolore. E’ sotto sorveglianza. Anche perché il dato che emerge è che l’Italia è messa peggio della Grecia, salvata dal default dalla fu Troika (Commissione Ue-Bce-Fmi) con un programma di riforme lacrime e sangue. Rapporto deficit/Prodotto interno lordo è, rispettivamente, 7,4 per cento e 1,7 per cento alla fine del 2023. La prima sfora, e di tanto, la soglia massima del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil, motivo che vale l’avvio delle procedura. Le seconda è salva. Ma, sottolinea Bruxelles, “Grecia e Italia presentano ancora squilibri dopo aver sperimentato squilibri eccessivi fino allo scorso anno”, e in entrambi i casi “le vulnerabilità sono diminuite ma continuano a destare preoccupazione“. Non poca.
Secondo le proiezioni decennali di base prodotte dai servizi della Commissione, senza un intervento deciso in Italia “il rapporto debito pubblico/Pil aumenta costantemente fino a circa il 168 per cento del PIL nel 2034“, recita la relazione tecnica messa a punto a Bruxelles. Una traiettoria di debito “sensibile agli shock macroeconomici”. In estrema sintesi, l’analisi della sostenibilità del debito indica “rischi elevati oltre il medio termine”. Anche perché, continua la nota tecnica, “le banche italiane sono ancora considerevolmente esposte” nei loro bilanci verso il debito sovrano e verso i prestiti garantiti dallo Stato.
Per l’Italia è tempo di fare i compiti a casa, che significa “rapida attuazione delle riforme e degli investimenti chiave stabiliti nei piani di ripresa nazionali“, sottolinea il commissario per un’Economia al Servizio delle persone, Valdis Dombrovskis. Insieme alla traduzione in pratica delle raccomandazioni specifiche per Paese, che per l’Italia restano sempre le stesse da dieci anni: riforma del catasto, lotta all’evasione fiscale, riforma della giustizia, della pubblica amministrazione e delle pensioni, politiche per una vera parità di genere, taglio del cuneo fiscale, miglior accesso al credito per le imprese e sburocratizzazione, più liberalizzazioni.
Dombrovskis incalza: “Siamo ansiosi di ricevere piani strutturali di bilancio nazionali dagli Stati membri che riducano il debito e il deficit e riflettano le raccomandazioni odierne”. Il governo Meloni deve mettersi al lavoro. Non sarà il solo, ma per l’Italia il tempo delle promesse è finito, e paradossalmente Meloni deve ringraziare von der Leyen e i suoi interessi politici personali se arriva solo il pre-avvertimento. Ha un mese di tempo in più per lavorare. Su questo. Perché poi c’è l’ordinare amministrazione, che comunque richiede lavori extra.
Per l’Italia c’è un richiamo anche sull’attuazione del Piano nazionale per la riforme (Pnrr). “L‘attuazione delle riforme e degli investimenti inclusi nel piano di ripresa dell’Italia è in corso, ma il loro tempestivo completamento richiede maggiori sforzi“. Governi balneari addio, il Paese e il suo esecutivo non possono andare in vacanza. Non possono più permetterselo.