Bruxelles – Al termine della concessione balneare lo Stato può espropriare in maniera automatica ciò che è stato costruito da chi ha ricevuto il permesso di gestione del suolo pubblico. A stabilirlo la Corte di giustizia dell’Ue che, con sentenza, conferma la validità delle normative nazionali italiane che prevedono di cedere “gratuitamente e senza indennizzo”, le opere non amovibili realizzate nell’area concessa.
E’ opinione dei giudici di Lussemburgo che l’impianto normativo italiano non sia contrario alle normative europee, ed in particolare all’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che regola la libertà di stabilimento. Il motivo è che il codice di navigazione in vigore in Italia prevede espressamente che nel momento in cui la concessione balneare scade e non viene rinnovata, “la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”.
Queste sono regole che valgono per chiunque intenda partecipare alla gestione del demanio pubblico. Le regole del gioco sono dunque le stesse per tutti, senza discriminazioni, e pertanto non ci sono restrizioni. Anche perché, ricorda la Corte di giustizia dell’Ue, “il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario“. Espropriare stabilimenti dunque si può.