Bruxelles – Se fosse unita, potrebbe quasi aspirare a diventare il primo gruppo al Parlamento Europeo. Ma la destra europea – quella conservatrice, sovranista, patriota ed estrema – è divisa in tre, litigiosa forse più che mai, e con dei contorni che quasi sempre sono indefinibili, per cui un partito nazionale può passare da un gruppo all’altro (o essere escluso) per motivazioni poco politiche e tutte strategiche. Questa settimana, l’ultima prima della sessione inaugurale del 16-19 luglio a Strasburgo, al Parlamento Ue è andato in scena il tanto atteso terremoto nel campo della destra, che ha consegnato un quadro ancora meno facile da analizzare. Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), Patrioti per l’Europa (PfE) ed Europa delle Nazioni Sovrane (Esn) sono le tre sigle che caratterizzeranno la decima legislatura, con alcuni punti di contatto ma anche una visione dell’integrazione europea che pian piano inizia a differire.
Gli occhi sono tutti puntati sul gruppo dei Patrioti per l’Europa, costituitisi lunedì (8 luglio) e già diventati il terzo gruppo per numero di membri (84), dietro solo ai popolari (188) e ai socialdemocratici (136). Al suo interno ci sono gli ungheresi di Fidesz, gli italiani della Lega, i francesi di Rassemblement National, gli spagnoli di Vox e altri 10 partiti di destra nazionalista ed estrema. In assenza di un manifesto politico, valgono non solo le posizioni dei membri del disciolto gruppo Identità e Democrazia (Id), ma anche le dichiarazioni della prima vicepresidente del gruppo l’ungherese Kinga Gál (Fidesz), al termine della riunione costituiva: “Vogliamo fornire un’alternativa europea, non un’alternativa all’Europa“, incardinando la propria proposta sulla “difesa delle radici giudaico-cristiane”, sul “contrasto all’immigrazione illegale” e sull’opposizione al Green Deal. L’idea di fondo è un aumento dei poteri esclusivi degli Stati nazionali, ma non un rinnegamento totale di quanto fatto in oltre 70 anni di storia di integrazione europea. Come già rivendicato dal premier ungherese, Viktor Orbán, alla stampa l’eurodeputato di Rassemblement National Jean-Paul Garraud, ha messo in chiaro che “noi vogliamo un ritorno a ciò che c’era prima di Maastricht“, vale a dire una Comunità Economica Europea (Cee) con competenze molto limitate, prima che il Trattato fondante del 1992 ne includesse tutta una serie di nuove (politica estera e di sicurezza, giustizia, affari interni, mercato comune).
Il secondo gruppo più numeroso del campo della destra al Parlamento Ue è quello dei Conservatori e Riformisti Europei, strutturato da più tempo, ma che si è visto scippare il gradino più basso del podio dei gruppi parlamentari proprio dai Patrioti. Il cardine della formazione che conta ora 78 membri è l’asse italo-polacco di Fratelli d’Italia e Diritto e Giustizia, che insieme portano 44 deputati. Secondo quanto emerge dal Manifesto per le elezioni europee di giugno, Ecr si oppone a un “super-Stato europeo” e a un “approfondimento automatico dell’integrazione politica dell’Ue”, puntando sulla “preservazione delle identità nazionali” e sulla classica idea dello Stato-nazione. Tuttavia, non solo è scomparso qualsiasi riferimento all’uscita dall’Unione, ma ora i conservatori europei chiedono “una riforma dell’Unione Europea” per cui “l’Ue deve fare meno ma meglio”. Allo stesso modo, seppur criticando la “politica climatica verde troppo ideologica”, non si allontanano dal collegamento a Bruxelles per azioni (molto rilassate) sul clima, e in materia migratoria la chiusura è sull’accoglienza, non sul fatto che l’Ue “deve aiutare gli Stati membri a gestire i flussi migratori”.
E poi c’è Europa delle Nazioni Sovrane, l’ultimo gruppo della destra europea a essersi costituito mercoledì (10 luglio) al Parlamento Ue e il più piccolo tra tutti quelli della decima legislatura (25 membri). La formazione spiccatamente di destra estrema e ultranazionalista si incardina sui tedeschi di Alternative für Deutschland – che con i suoi 14 eurodeputati rappresenta ben più della metà del gruppo – e raggiunge appena il numero minimo di membri (23) e di Paesi Ue rappresentanti (7), insieme ai francesi di Reconquête, alla metà dei polacchi di Konfederacja, ai bulgari di Rinascita e ad altri 4 partiti da un solo membro. Nella sostanza si tratta di un gruppo di forze radicalmente nazionaliste, filo-russe ed euroscettiche, nato soprattutto per la volontà dei tedeschi di AfD di non rimanere emarginati nei non-iscritti dopo l’espulsione dal gruppo di Id a causa delle dichiarazioni sul passato delle forze speciali naziste SS del suo candidato di punta, Maximilian Krah (oggi fuori anche da Europa delle Nazioni Sovrane). Del nuovo gruppo manca tutto sul piano comunicativo, non solo il manifesto, ma le intenzioni sono già state chiarite: “Siamo contro il Green Deal, contro la migrazione, contro l’islamizzazione dell’Europa, e vogliamo che i poteri di Bruxelles tornino a livello nazionale“. La fine dell’Unione Europea, senza riforme interne, senza distinguo, senza compromessi.