Bruxelles – Una giovane donna italiana che si affaccia sul mercato del lavoro, ad oggi può aspettarsi una vita lavorativa di 28,3 anni. Un suo coetaneo maschio sa che in media lavorerà 37,2 anni. Nove anni in più, che significano – alla luce degli stipendi medi in Italia e presumendo una parità salariale non ancora raggiunta – un gap economico di oltre 200 mila euro. Nessun altro in Ue ha un divario di genere così ampio.
È la preoccupante conferma che arriva dai dati Eurostat sulla durata della vita lavorativa negli Stati membri: l’Italia è ancora roccaforte di quel modello novecentesco in cui la carriera è per gli uomini, la cura familiare e la vita domestica per le donne. Il divario di 8,9 anni registrato nello Stivale è più del doppio della media Ue, che si è progressivamente accorciato fino a 4,3 anni nel 2023. L’Italia stacca nettamente tutti gli altri: al secondo posto per divario di genere, la Romania con 7,1 anni di lavoro di differenza, seguono Grecia e Malta con 6,9 anni.
Nei 27 Paesi membri, nel 2023 l’Ufficio statistico dell’Ue ha calcolato una durata media della vita lavorativa di 36,9 anni. Per gli uomini 39, per le donne 34,7. Negli ultimi dieci anni – salvo una battuta d’arresto durante la crisi pandemica nel 2020 – è aumentata costantemente, per entrambi i sessi. Con un divario di genere che pian piano si è ridotto grazie all’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Rispetto al 2013, il gender gap nella durata della vita lavorativa è passato da 5,2 anni a 4,3.
Nel Nord Europa si lavora oltre 40 anni: stacanovisti gli olandesi, che hanno registrato la durata della vita lavorativa più lunga, 43,7 anni, seguiti da Svezia (43,1 anni), Danimarca (41,3 anni) ed Estonia (40,8 anni). I Paesi dell’Est e lungo il Mediterraneo all’altra estremità della classifica: le durate più brevi, inferiori a 35 anni, in Romania (32,2 anni), Italia (32,9 anni), Croazia (34,0 anni), Grecia (34,2 anni) e Bulgaria (34,5 anni). A cui si aggiunge il Belgio, con 34,7 anni.
Per quanto riguarda il gender gap, al Nord il problema non è più la durata della vita lavorativa, ma la disparità salariale tra uomini e donne. Tutti i Paesi del Nord Europa mostrano un divario di genere inferiore alla media Ue di 4,3 anni, con Lituania ed Estonia gli unici Paesi membri con un gap negativo, in quanto si prevede che le donne lavorino rispettivamente 1,3 anni e 0,8 anni in più degli uomini. Tra gli altri Paesi, il divario di genere più ridotto è stato registrato in Lettonia e in Finlandia, con solo 0,1 anni di differenza tra maschi e femmine. Le durate più lunghe della vita lavorativa delle donne sono state riscontrate in Svezia (41,9 anni), Paesi Bassi (41,5 anni), Estonia (41,5 anni), Finlandia (39,9 anni), Danimarca (39,8 anni), Lituania e Portogallo (entrambi 38,2 anni).
Va sottolineato che – nell’aumento generalizzato della durata della vita lavorativa – in quasi tutti i Paesi Ue la durata della vita lavorativa delle donne sta aumentando di più di quella degli uomini. Salvo in Danimarca e Romania. Anche in Italia il gap diminuisce, seppur con estrema lentezza: se oggi è sceso sotto il muro dei 9 anni, nel 2013, un maschio quindicenne poteva aspettarsi di lavorare 9,3 anni in più di una sua coetanea. Con questo ritmo, l’Italia non avrà colmato il divario nemmeno tra cento anni.