Bruxelles – Con l’entrata in vigore del Patto migrazione e asilo (anche se per l’effettiva applicazione bisognerà attendere due anni) e l’adozione del piano di attuazione comune, gli Stati membri sono entrati nella fase di implementazione della legislazione comune in materia di migrazione e asilo, con la scadenza in vista del prossimo 12 dicembre per la presentazione di ciascun piano nazionale di attuazione. È per questo motivo che l’esecutivo Ue ha messo a disposizione uno Strumento di sostegno tecnico adibito proprio al supporto personalizzato e la consulenza tecnica per i 26 Paesi coinvolti (dopo la decisione dell’Irlanda di entrare nel sistema comune, solo la Danimarca si avvale dell’opzione di non-partecipazione), di cui si avvarranno nove capitali, tra cui anche Roma.
Dopo l’iter legislativo durato un’intera legislatura e l’entrata in vigore l’11 giugno, il gabinetto von der Leyen ha definito nel piano di attuazione comune i 10 elementi costitutivi (o ‘blocchi’) interdipendenti da implementare per permettere il corretto funzionamento di una legislazione complessissima. Il vero lavoro spetta però alle capitali, perché – ancora prima della scadenza del 12 dicembre – a ottobre dovranno essere presentate le bozze dei piani nazionali di attuazione, per poter ricevere un sostegno dalla Commissione per tempo. Entro aprile 2025 dovranno poi essere presentati i piani di emergenza nazionali e il primo luglio 2025 sarà la scadenza per l’istituzione di strutture di coordinamento nazionali e per la nomina del coordinatore nazionale. In questo quadro l’esecutivo Ue ha aperto a giugno un bando apposito per assistere gli Stati membri nella preparazione dei loro piani nazionali di attuazione, offrendo un sostegno mirato sull’analisi della situazione e sulle azioni necessarie per attuare il Patto migrazione e asilo.
A rispondere all’offerta della Commissione Ue sono stati nove Paesi membri – Belgio, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Repubblica Ceca e Romania – che ora riceveranno per quattro mesi (fino a fine novembre) una consulenza mirata da parte di esperti dei quadri giuridici nazionali e con conoscenze delle pratiche pertinenti in altri Paesi. L’obiettivo sarà quello di identificare le aree in cui è necessario un aggiornamento della legislazione nazionale e una revisione dei processi amministrativi e giudiziari, anche considerate le esigenze in termini di personale, infrastrutture, tecnologie informatiche, costi e appalti. A proposito dell’Italia, la Commissione Ue fornirà sostegno in 8 blocchi tematici su 10, tutti fatta eccezione per il blocco 1 (‘Sistema informativo comune sulla migrazione e l’asilo: Eurodac’) e il blocco 7 (‘Far funzionare la solidarietà’). Come specificano i servizi dell’esecutivo Ue, ci sarà un focus sulle riforme legislative necessarie in ambito di responsabilità – “sull’analisi dell’attuale struttura dell’Unità di Dublino e sulla sua organizzazione e personale” – mentre sul piano delle questioni orizzontali ci si concentrerà soprattutto sulla garanzia di consulenza legale gratuita, sulle alternative alla detenzione, sulla rappresentanza e tutela dei minori non accompagnati e sulla creazione di un meccanismo indipendente per il monitoraggio dei diritti fondamentali.
La base del Patto migrazione e asilo
La base su cui si imposta il nuovo complesso sistema del Patto migrazione e asilo (qui la spiegazione nel dettaglio) è il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone migranti tra i Ventisette. Il primo concetto permea il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come accade oggi. Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai famoso meccanismo di solidarietà obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif). Nessun ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di “inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e per minori non accompagnati). Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della responsabilità c’è quello di portare a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a 12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30 mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera, determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre anni precedenti.