Bruxelles – Sta diventando un caso in questa estate 2024 la risposta (al momento) inesistente da parte dei governi Ue alla richiesta della presidente rieletta della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di avere da ciascuna capitale il nome di un uomo e di una donna come candidati commissari, per riuscire a raggiungere con più facilità l’obiettivo dichiarato della parità di genere nel suo secondo gabinetto consecutivo. Ma se si guarda indietro di cinque anni – all’estate 2019, quando la stessa neo-eletta presidente von der Leyen stava mettendo insieme la sua prima squadra di commissari e commissarie – la situazione non era molto migliore, tutto al contrario. La richiesta era la stessa, la risposta totalmente in linea con quella che si sta concretizzando oggi.
“Se gli Stati membri non proporranno un numero sufficiente di commissarie, non esiterò a chiedere nuovi nomi“, era stato l’avvertimento di von der Leyen parlando per la prima volta alla sessione plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo il 16 luglio 2019, appena prima del voto di conferma degli eurodeputati. In quell’occasione la politica tedesca aveva messo in chiaro che avrebbe voluto un candidato uomo e una candidata donna da ciascuno dei 26 governi (facevano eccezione la Germania, che esprimeva la presidenza della Commissione, e la Spagna con il nuovo alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, entrambi nominati dal Consiglio Europeo), definendo la priorità della parità di genere nel futuro Collegio dei commissari da lei guidato. “Dal 1958 ci sono stati 183 commissari, solo 35 erano donne, si tratta di meno del 20 per cento“, aveva attaccato la nuova numero uno della Commissione: “Rappresentiamo la metà della nostra popolazione, vogliamo la nostra parte”.
La risposta da parte dei governi era stata tutto fuorché accogliente di quella richiesta. Solo la Romania aveva presentato due candidati – Rovana Plumb e Dan Nica – scelta reiterata a novembre, dopo il respingimento della prima (da parte del Parlamento Ue) e del secondo (da parte di von der Leyen), con Siegfried Mureșan e Adina Vălean, quest’ultima poi diventata commissaria per i Trasporti. Da ricordare che il Regno Unito, in vista dell’entrata in vigore dell’uscita dall’Unione il 31 gennaio 2020, aveva deciso di non nominare alcun candidato, lasciando vacante la posizione nei primi due mesi della Commissione von der Leyen. La parità di genere nella lista dei commissari designati era stata quasi raggiunta in ogni caso – 12 su 25 – grazie a un’intensa opera di mediazione e persuasione da parte della numero uno della Commissione, che aveva convinto diversi governi a presentare solo una candidata commissaria, come quello svedese, quello portoghese e quello maltese.
Tuttavia l’obiettivo si è allontanato con il respingimento in audizione all’Eurocamera della candidata francese, Sylvie Goulard, a cui è succeduta l’unica nomina di Thierry Breton (poi diventato commissario per il Mercato interno). Il rapporto tra commissari e commissarie nel primo gabinetto von der Leyen è così arrivato a 12 donne (compresa la stessa presidente) e 15 uomini (compreso lo spagnolo Borrell), prima di assestarsi definitivamente a 13-14 con il subentro dell’irlandese Mairead McGuinness al dimissionario Phil Hogan nel 2020. Sette governi (Austria, Bulgaria, Danimarca, Irlanda, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) si erano avvalsi dell’eccezione implicita alla richiesta di von der Leyen sulla parità di genere per i candidati commissari, confermando i rispettivi uscenti, di cui 3 commissarie (Mariya Gabriel, Margrethe Vestager e Věra Jourová).
Cinque anni più tardi, a seguito della ri-elezione alla presidenza della Commissione Europea il 18 luglio, von der Leyen ha presentato ai 25 governi la stessa richiesta del 2019, non solo in conferenza stampa al Parlamento Europeo ma questa volta mettendolo anche per iscritto in una lettera indirizzata ai capi di Stato e di governo. I governi dovrebbero presentare entro il 30 agosto il nome di un uomo e il nome di una donna, per permetterle di comporre un Collegio con egual numero di commissari e commissarie. Fanno eccezione solo i governi che decidono di confermare il commissario o la commissaria uscente.
Oltre alla Germania, che esprimerà la presidenza della Commissione con Ursula von der Leyen, e all’Estonia, che vedrà l’ex-premier Kaja Kallas diventare alta rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza – entrambe le nomine sono di competenza del Consiglio Europeo, che ha fatto le sue scelte al vertice dei leader Ue del 27 giugno – a oggi è arrivata l’ufficialità da parte di 14 governi di Slovacchia, Lettonia, Slovenia, Irlanda, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Malta, Ungheria, Francia, Austria, Grecia e Croazia. Nessuno di questi governi ha però rispettato la richiesta della presidente rieletta sul doppio nome e, con 11 candidature ancora mancanti, von der Leyen ha sul tavolo i curriculum vitae di 11 uomini e 3 donne (che salgono a 5 con l’alta rappresentate Kallas e la presidente della Commissione), di cui 5 commissari e 1 commissaria confermati (Slovacchia, Lettonia, Paesi Bassi, Ungheria, Francia e Croazia).
Le candidature per la Commissione von der Leyen-bis
Per quanto riguarda i 14 nomi finora arrivati, la Slovacchia ha ricandidato il vicepresidente esecutivo uscente della Commissione Ue responsabile per le Relazioni interistituzionali e il Green Deal, Maroš Šefčovič, che potrebbe arrivare così al quarto mandato consecutivo. La Lettonia ha deciso di scegliere per la terza volta consecutiva il vicepresidente esecutivo uscente dalla Commissione Ue responsabile per l’Economia, Valdis Dombrovskis. Nuovo nome invece per la Slovenia, che ha scelto l’avvocato ed economista Tomaž Vesel, già presidente della Corte dei Conti nazionale e del Comitato di audit e compliance della Fifa. Per l’Irlanda c’è l’esponente del centro-destra di Fianna Fáil ed ex-ministro per la Spesa pubblica e le riforme (2020-2022) e per le Finanze (2022-2024), Michael McGrath. Il governo della Svezia ha deciso di puntare sulla ministra per gli Affari Europei, Jessika Roswall, mentre la Finlandia sull’eurodeputata che dal 2014 siede tra le fila del Partito Popolare Europeo Henna Virkkunen.
Il nuovo governo di destra dei Paesi Bassi ha scelto il commissario europeo uscente responsabile per l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra, la Repubblica Ceca il ministro dell’Industria e del commercio in carica dal 2021, Jozef Síkela, mentre per Malta c’è il capo della segreteria del primo ministro ed esponente del partito laburista, Glenn Micallef. Tra l’enorme scetticismo per il via libera in audizione al Parlamento Ue l’Ungheria ha confermato il commissario europeo uscente responsabile per l’Allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi, ed è altrettanto discussa la decisione della Francia, il cui presidente Macron ha rinnovato la fiducia nel commissario europeo uscente responsabile per il Mercato interno, Thierry Breton. Anche la Croazia ha confermato la propria commissaria europea uscente, la titolare per i Trasporti Dubravka Šuica, mentre la Grecia ha optato per il governatore della regione della Macedonia centrale dal 2013, Apostolos Tzitzikostas, e l’Austria il ministro delle Finanze in carica dal 2021, Magnus Brunner.
Il governo di destra dell’Italia presieduto da Giorgia Meloni non ha ancora sciolto la riserva sul candidato ufficiale, né ha fatto sapere quando lo renderà noto. Tuttavia, parlando in esclusiva a Eunews, il capo-delegazione di Forza Italia al Parlamento Ue, Fulvio Martusciello, ha dichiarato che “il commissario dovrebbe essere il ministro Raffaele Fitto, ne abbiamo già ampiamente dibattuto e quello sarà“. Fitto attualmente è ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, ed espressione del partito Fratelli d’Italia, il partner maggiore della coalizione di governo con Forza Italia e Lega insediatasi il 22 ottobre 2022. Ha ricoperto la carica di eurodeputato tra il 1999 e il 2000 e poi tra il 2014 e il 2022 (dal 2019 co-presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei), è stato presidente della Regione Puglia tra il 2000 e il 2005, e ministro per le Regioni e la coesione territoriale tra il 2008 e il 2011 nell’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi.