Bruxelles – Sale di tono lo scontro tra l’Unione Europea ed Elon Musk, dopo i primi segnali di tensione emersi alla fine della scorsa settimana per la diffusione della disinformazione su X da parte dello stesso proprietario della piattaforma online. A una lettera inviata ieri (12 agosto) dal commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, per richiamare Musk al rispetto degli obblighi del Digital Services Act sul controllo di disinformazione e contenuti illegali sulla sua piattaforma, è seguito da parte dell’imprenditore sudafricano/statunitense un insulto in piena regola, mentre andava in scena proprio su X una ben più che discutibile intervista di Musk all’ex-presidente e candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump.
“Le scrivo nel contesto dei recenti eventi nel Regno Unito e in relazione alla trasmissione programmata sulla sua piattaforma X di una conversazione in diretta tra un candidato alla presidenza degli Stati Uniti e lei, che sarà accessibile anche agli utenti nell’Ue”, spiega Breton nella lettera indirizzata a Musk, riprendendo le richieste della leadership dei liberali di Renew Europe al Parlamento Ue rivolte proprio al commissario per il Mercato interno. Il rispetto del Digital Services Act, la legge Ue sui servizi digitali entrata pienamente in vigore nel febbraio di quest’anno, riguarda da una parte “la libertà di espressione e di informazione, compresa la libertà dei media e il pluralismo”, ma dall’altra anche le “misure mitigazione proporzionate ed efficaci per quanto riguarda l’amplificazione di contenuti dannosi in relazione a eventi rilevanti, tra cui lo streaming in diretta”. Come nel caso dei “recenti esempi di disordini pubblici” nel Regno Unito “causati dall’amplificazione di contenuti che promuovono odio, disordini, incitamento alla violenza o determinati casi di disinformazione”. Ma, appunto, anche il rischio implicito a una conversazione in diretta streaming tra una delle spine nel fianco del Dsa e il più controverso candidato alle elezioni negli Stati Uniti.
Perché ora è online e accessibile per tutti gli utenti nel mondo (anche quelli dei 27 Paesi membri Ue) un confronto pieno di fake news e disinformazione, senza che le leggi Ue – all’apparenza – ci possano fare niente. Una conversazione andata in scena ieri sera e che ha visto Musk porre domande a Trump in modo molto amichevole su temi complessi come la migrazione, l’inflazione e il cambiamento climatico: nonostante l’evento sia stato pubblicizzato come un’intervista, tutte le affermazioni infondate di Trump non sono mai state contestate. Al contrario, Musk ha esplicitamente confermato che darà il suo sostegno all’ex-presidente statunitense nella corsa contro l’attuale vicepresidente, la democratica Kamala Harris, alle elezioni di novembre. Tuttavia, è sul medio e lungo periodo che le decisioni di Bruxelles potrebbero avere un impatto sulla piattaforma del miliardario sudafricano/statunitense, dal momento in cui la procedura di infrazione aperta contro X potrebbe portare a multe fino al 6 per cento del fatturato globale se verrà confermata la violazione delle disposizioni del Digital Services Act.
Da non dimenticare che proprio gli obblighi del Dsa “si applicano senza eccezioni o discriminazioni alla moderazione dell’intera comunità di utenti e ai contenuti di X (incluso lei stesso come utente con oltre 190 milioni di follower) accessibili agli utenti dell’Ue“, è l’avvertimento di Breton. E tutto ciò che sta andando in scena – inclusi gli insulti di Musk a Breton – potrebbero influire sul giudizio in merito alla “inefficacia del modo in cui X applica le disposizioni pertinenti del Dsa” nell’ambito dei procedimenti in corso a Bruxelles. Inoltre il commissario per il Mercato interno mette in chiaro che “saremo estremamente vigili su qualsiasi prova che indichi violazioni” della legge Ue sui servizi digitali, per cui “non esiteremo a fare pieno uso della nostra cassetta degli attrezzi, anche adottando misure provvisorie“, nel caso in cui “fosse giustificato per proteggere i cittadini dell’Ue da gravi danni”. Ma non c’è dubbio che questo non sarà l’ultimo capitolo della saga ‘Breton contro Musk’.
La saga Ue vs Musk
È lunga e articolata la saga di un rapporto di fiducia mai nato tra l’Unione Europea e Musk, sin dal giorno dell’acquisizione di Twitter e il suo rebranding in X. Già nell’ottobre 2022 il commissario Breton aveva avvertito l’imprenditore sudafricano/statunitense che “in Europa, l’uccellino [allora simbolo di Twitter che oggi è stato sostituito con una X, ndr] volerà secondo le nostre regole“, ovvero quelle previste dal Digital Services Act. Dal 25 agosto dello scorso anno X è nella lista delle 19 piattaforme gatekeeper che devono rispettarne gli obblighi (in caso contrario sono previste multe fino al 6 per cento del fatturato globale), ma solo dopo pochi mesi l’esecutivo Ue ha avviato una procedura d’infrazione per valutare se la piattaforme non si è allineata a diverse disposizioni della legge sui servizi digitali. Il parere preliminare di Bruxelles è arrivato lo scorso 12 luglio, riconoscendo che il social network di proprietà di Musk avrebbe già violato la legislazione europea.
Oltre alla questione strettamente inerente al Digital Services Act, da novembre 2022 l’azienda di Musk aveva deciso prematuramente di smettere di valutare la disinformazione legata al Covid-19, uscendo dal programma di rendicontazione europeo sulla responsabilità delle Big Tech nella diffusione di notizie legate alla pandemia e alla campagna di vaccinazione. La scelta di non rilasciare più i report sulle misure implementate per combattere la disinformazione era stata definita dalla vicepresidente della Commissione Ue responsabile per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová, “la strada dello scontro” seguita dal magnate sudafricano/statunitense. In questo contesto ha sollevato enormi polemiche la decisione di aprile 2023 di non etichettare più i media controllati da regimi autoritari come Russia, Cina e Iran e le agenzie di propaganda come ‘media affiliato allo Stato’, così come la fine del divieto di promozione o consiglio automatico agli utenti dei loro contenuti.
Ancor prima, a dicembre 2022, il gabinetto von der Leyen aveva già minacciato sanzioni a seguito della sospensione arbitraria degli account di diversi giornalisti che si occupano di tecnologia e che erano stati molto critici nei confronti del nuovo proprietario Musk. Solo un mese prima la stessa Commissione si era espressa contro la chiusura temporanea (ancora in atto) dell’ufficio europeo a Bruxelles, in particolare per le conseguenze sul piano dell’implementazione del Codice di condotta Ue sulla disinformazione e della nuova legge sui servizi digitali. Ultima in ordine cronologico – fino allo scoppio delle tensioni nel Regno Unito – il 10 ottobre dello scorso anno era andato in scena proprio su X un duro scambio di battute tra il commissario Breton e il proprietario della piattaforma: “Caro signor Musk, in seguito agli attacchi terroristici compiuti da Hamas contro Israele, abbiamo avuto indicazioni che la vostra piattaforma viene utilizzata per diffondere contenuti illegali e disinformazione nell’Ue“, era stato l’avvertimento del membro del gabinetto von der Leyen. Ora le istituzioni Ue stanno valutando se è lo stesso capo di X a farsi promotore di diffusione di disinformazione e contenuti illegali sulla piattaforma di social network.