Bruxelles – C’è una teoria, in politica, che parla di un ferro di cavallo. In sostanza, l’idea è che gli estremi dello spettro politico siano più vicini tra loro di quanto non siano distanti dal centro. Quanto più ci si allontana dalle posizioni moderate, insomma, tanto più diventa difficile tracciare con nettezza una distinzione tra la destra e la sinistra. Fino a sconfinare da una parte all’altra. Sahra Wagenknecht, l’enfant prodige della sinistra tedesca, sembra confermare questa teoria, incarnando una corrente politica – il cosiddetto “rossobrunismo” – che combina alcuni elementi della tradizione progressista con altri cavalli di battaglia tipici dei conservatori. Ma chi è la nuova “stella” della sinistra radicale in Germania, e perché continueremo a sentir parlare di lei nei prossimi mesi?
Wagenknecht è nata a Jena 55 anni fa, quando la Turingia era sotto occupazione sovietica nell’allora Germania Est. E negli ambienti del comunismo tedesco di ispirazione sovietica si è formata politicamente, iscrivendosi all’Fdj, la sezione giovanile del Sed, il Partito socialista unificato di Germania (la forza politica egemone nell’ex Ddr), in quella che era all’epoca Berlino Est. Dopo la confluenza del Sed nel Partito del socialismo democratico (Pds) in seguito alla caduta del Muro, nel 1991 è stata eletta nel Comitato nazionale del partito e con il Pds è entrata all’Europarlamento nel 2004 affiliandosi al gruppo confederale della Sinistra (Gue/Ngl).
Alle elezioni federali del 2009 ottiene un seggio al Bundestag nelle fila di Die Linke (La Sinistra), il principale partito della sinistra radicale che faceva opposizione ai socialdemocratici dell’Spd, e che era nato nel 2007 dalla fusione del Pds con un’altra forza politica progressista chiamata Lavoro e giustizia sociale (Wasg). Da allora, Wagenknecht non ha mai lasciato il parlamento tedesco. Nel 2010 viene eletta vicepresidente di Die Linke e dal 2015 al 2019 è capogruppo al Bundestag. Ma i rapporti con la leadership del partito si fanno sempre più tesi, fino a rompersi definitivamente nell’ottobre 2023: a quel punto, Wagenknecht fonda un’associazione che porta il suo stesso nome – Bündnis Sahra Wagenknecht (“Alleanza Sahra Wagenknecht”, abbreviata in Bsw) – e che viene costituita ufficialmente come partito politico nel gennaio di quest’anno.
A dividere irreparabilmente la figura più iconica della sinistra tedesca dal partito che storicamente ha rappresentato le istanze del progressismo radicale sono state soprattutto alcune posizioni per così dire “poco ortodosse” di Wagenknecht. Nonostante sulle questioni economiche continui a sostenere rivendicazioni tipiche della sinistra (come il salario minimo e l’aumento delle pensioni), su temi come l’immigrazione, le politiche climatiche e la politica estera la leader turingia difende opinioni che tradizionalmente si trovano alla destra dello spettro politico. È il fenomeno che si suole chiamare rossobrunismo: politiche di welfare di sinistra, politiche sociali di destra. E, piuttosto spesso, una strizzata d’occhio al Cremlino.
Quanto alle politiche migratorie, Wagenknecht ha criticato aspramente la “politica dell’accoglienza” dell’ex cancelliera Angela Merkel (il fatidico “Wir schaffen das” che garantì l’ingresso in Germania di circa un milione di profughi siriani nel 2015), che riteneva lassista e che, a suo dire, avrebbe contribuito ad aggravare la condizione delle classi lavoratrici – oltre che ad aumentare la criminalità. Secondo lei, il Paese è stato “sovraccaricato” di migranti e richiedenti asilo: una retorica che riprende i cavalli di battaglia più classici dei conservatori di tutte le latitudini, ma che forse non ci si aspetterebbe da qualcuno nato da madre iraniana come appunto Wagenknecht.
In materia di politica estera, la nuova icona della sinistra radicale tedesca è da sempre fautrice di un avvicinamento tra Berlino e Mosca e si è detta favorevole allo scioglimento della Nato. Dopo aver sostenuto, tra fine 2021 e inizio 2022, che un’invasione russa dell’Ucraina non sarebbe stata nell’interesse della Federazione, nel settembre 2022 si è opposta alle sanzioni contro il Cremlino, accusando il governo del cancelliere Olaf Scholz di portare il Paese sull’orlo della guerra economica con il suo principale partner energetico. In seguito, ha chiesto più volte lo stop dell’invio di armi a Kiev e l’apertura di negoziati di pace, tutte posizioni condivise con l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD).
Secondo un’inchiesta del Washington Post, il Cremlino avrebbe elaborato dei piani per creare un’asse trasversale tra Wagenknecht, l’estrema sinistra e l’ultradestra di AfD per remare contro la posizione pro-ucraina di Berlino, ma non sono mai stati provati effettivi contatti tra politici tedeschi e strateghi russi. Un fatto concreto, invece, è stato l’abbandono dell’aula parlamentare da parte dei deputati del Bsw e dell’AfD quando, lo scorso giugno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky stava tenendo un discorso al Bundestag.
L’ascesa del Bsw – che appare fortemente personalizzato intorno al suo capo, che è una delle figure politiche più apprezzate in patria – è stata prodigiosa, soprattutto considerato che il partito non ha neanche nove mesi di vita. Su scala nazionale, la sinistra rossobruna è data intorno all’8 per cento, ma la situazione è molto diversa tra le regioni di quelle che un tempo erano la Germania Est e Ovest. Nei Länder orientali, il supporto per la lista di Wagenknecht viaggia tra il 12 e il 17 per cento: il dato più alto, con 16,9 punti percentuali, arriva dal Brandeburgo, dove si voterà per le regionali il prossimo 22 settembre. E il Bsw è arrivato terzo in entrambe le elezioni che si sono tenute domenica (1 settembre), con il 15,8 per cento in Turingia e l’11,8 per cento in Sassonia. In tutte e due le regioni la destra radicale dell’AfD ha sfondato la soglia del 30 per cento dei consensi, arrivando prima in Turingia e seconda in Sassonia. Dei risultati che parlano di una spaccatura profonda tra l’est e l’ovest del Paese, mai realmente riunificato dopo gli anni della Guerra fredda. E che probabilmente consegneranno proprio al Bsw una insperata centralità quando sarà il momento di creare coalizioni di governo, dato che tutti i partiti hanno rifiutato di allearsi con l’AfD.
Anche sul palcoscenico europeo, infine, il Bsw sembra destinato a guadagnarsi presto i riflettori. Da mesi all’Eurocamera di Strasburgo si rincorrono le voci circa un tentativo dei sei eletti del partito tedesco di formare un nuovo gruppo parlamentare, più a sinistra di The Left (o più a destra dell’Europa delle nazioni sovrane, dove siede l’AfD, se vogliamo riferirci alla teoria del ferro di cavallo). Per ora, non sono riusciti a radunare abbastanza deputati per soddisfare i requisiti formali (23 parlamentari da sette Paesi membri), ma le alchimie in Aula sono variabili e non è detto che il gioco non riesca a qualche punto della decima legislatura. Di certo c’è che la leader turingia continuerà a rimanere alla ribalta delle cronache politiche nazionali ed europee.