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Home » Politica » Sicurezza energetica, l’Ue tra assenza di una strategia vera e sfide di lungo termine

Sicurezza energetica, l’Ue tra assenza di una strategia vera e sfide di lungo termine

Un documento di lavoro del Parlamento europeo sottolinea come gli sforzi profusi non mettono i 27 al sicuro. Il consiglio di un maggior coordinamento e un mercato unico vero

Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
27 Settembre 2024
in Politica

Bruxelles – Quando si parla di energia le certezze, per l’Ue, sono poche: l’unica fonte di cui è ricco il Vecchio continente è il carbone, e che questa fonte fossile l’Unione europea l’ha eliminata ancor prima del Green Deal, per sposare la via di petrolio e gas. Appare evidente, alla luce di ciò, che “la ​​questione della sicurezza energetica rimarrà probabilmente una sfida a lungo termine per l’Ue“. Tanto è vero che nonostante gli sforzi, gli annunci e i proclami, primi fra tutti quelli della presidenza della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, “è difficile affermare che l’Ue abbia una strategia di sicurezza energetica completa“. A mettere le cose in chiaro è il centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro che fa il punto della situazione. 

Il punto di partenza è il concetto di sicurezza energetica, inteso come la disponibilità di una fornitura adeguata di energia a un costo ragionevole. L’Unione europea, da questo punto di vista, è davvero al sicuro? No, visto che dipende dall’estero e anche solo “un’interruzione parziale dell’approvvigionamento può avere gravi conseguenze” per l’economia nazionale e, di riflesso, dell’Ue.

Fin qui l’Ue si è data da fare dimostrando di saperci fare. Nel secondo trimestre del 2024 i 27 presi nel loro insieme hanno ridotto a zero le importazioni di carbone russo, acquistato solo l’1 per cento di petrolio russo, e appena il 18 per cento di gas pompato da Gazprom. Risultati che confermano la fermezza e la determinazione a non alimentare finanziariamente la macchina bellica del Cremlino. Tuttavia, rilevano gli analisti del Parlamento europeo, “risolvere il problema della dipendenza dalle importazioni di energia russa non risolverà i problemi di sicurezza energetica dell’Ue“.

Adesso l’Ue si rivolge principalmente a Stati Uniti, Norvegia e Arabia Saudita per il petrolio, ad Algeria e Norvegia per il gas naturale (e in minima parte anche alla Russia), a Stati Uniti, Azerbaijan, Norvegia e Nord Africa per il gas naturale liquefatto (Gnl). Una strategia di diversificazione che espone meno l’Ue a ricatti da parte di un solo fornitore, ma che non la mette al riparo da rischi.

Quello che serve è un potenziamento europeo. “C’è ancora margine per un coordinamento più forte tra gli Stati membri e un intervento legislativo per completare un quadro di sicurezza dell’approvvigionamento“, il suggerimento che arriva dagli esperti del Parlamento europeo. Una raccomandazione che vuol dire riforme e investimenti veri, attraverso il completamento di un mercato unico dell’energia fatto di reti, interconnessioni, stoccaggi, gestione condivisa delle risorse.

In assenza di risorse che non ci sono, e con una transizione verde e sostenibile comunque non priva di rischi d di naturale geopolitica, c’è ancora del lavoro da fare, checché ne dica la classe politica europea. “Restano sfide significative sulla strada che conduce ad una strategia di piena sicurezza energetica dell’Ue”.

Tags: energiagasparlamento europeopetroliorussiasicurezza energeticaUe

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