Bruxelles – L’Europa ‘così così’, tra intuizioni giuste e “scelte sbagliate”. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, prova a fare il punto della situazione e il quadro che emerge è all’insegna di riflessioni e ripensamenti. Ci sono scelte coraggiose e giuste, come quelle di fermare una concorrenza cinese sull’auto a batteria che il mondo industriale italiano condivide. “Siamo a favore” delle tariffe proposte dalla Commissione europea, chiarisce Orsini nella sua prima conferenza stampa tenuta a Bruxelles dova ha avuto una serie di incontri istituzionali, perché “dobbiamo difendere le nostre filiere” e “oggi non possiamo non pensare di incrementare i dazi sulle auto elettriche cinesi“. Anche se “dobbiamo fare attenzione ai dazi, perché potrebbero penalizzarci” e mettere a rischio una parte di quei 620 miliardi di euro di export tricolore che trainano l’economia nazionale.
Sul resto però l’Ue manca di strategia e di coraggio. Nessuno mette in discussione il Green Deal e l’ambizione di agenda sostenibile, ma “per realizzare la transizione sostenibile serve tempo“, rileva il presidente di Confindustria. “Non possiamo immaginare che la transizione si possa fare con le tempistiche indicate dalla Commissione europea uscente”. Una sottolineatura che si traduce in una richiesta di modifica dei calendari, delle tempistiche, considerate troppo ristrette, e quindi un rompicapo per molti settori industriali.
“E’ una questione di competitività”, rileva Orsini, quella competitività su cui tanto insistono Mario Draghi e il suo rapporto realizzato su esplicita richiesta della presidente uscente ed entrante della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Solo pensando alla riforma della mobilità, con il passaggio dal motore tradizione delle auto a quello elettrico e a quelli alimentati a carburanti sintetici dal 2035, “non siamo pronti dal punto di vista infrastrutturale“, lamenta il numero uno di Confindustria, “serve più tempo poterci arrivare”. Da qui la richiesta di anticipare la revisione delle normative, prevista per il 2026. “Arrivare alla fine del 2026 è troppo tardi, servono risposte molto prima”, il che vuol dire fine 2025 al massimo.
Quello della mobilità è solo uno dei nodi dell’Unione europea di oggi e di domani. Come ricorda Antonio Gozzi, consigliere speciale del presidente per l’Europa, c’è la questione dell’Ets, il mercato dei diritti di emissioni di CO2. “Il mercato adesso è aperto a fondi di investimenti e banche”, e dunque non industria bensì organismi ed enti finanziari, “che poi fanno speculazione” modificando il prezzo del carbonio che finisce col penalizzare il settore secondario. Dal lato dell’industria “una delle richieste all’Unione europea potrebbe essere di tornare all’Ets originario, non aperto a fondi di investimento e banche”.
Le scelte sbagliate non sono solo di strategia, ma anche di coraggio. Qui c’è una partita diversa, tutta commerciale, delicata eppur inevitabile. “Dobbiamo aprire a nuovi mercati, e penso al Mercosur“, l’annotazione di Orsini. Il presidente di Confindustria, che ha incontrato europarlamentari italiani di tutti gli schieramenti, è in realtà alla maggioranza di governo che si rivolge, visto che il governo Meloni sulla possibilità di relazioni con il blocco dei Paesi del sud America (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso) tentenna, al pari della Commissione europea che dopo le proteste degli agricoltori europei dei mesi scorsi ha dovuto cambiare i toni di un discorso comunque non archiviato.
La questione Mercosur è sensibile in Europa. L’Austria ha iniziato a mettersi di traverso minacciando il veto, poi è stata la volta della Francia. Anche in Italia l’idea di un accordo di libero scambio come quello invocato oggi (2 ottobre) da Confindustria è osteggiato, soprattutto dagli operatori del settore primario. Preoccupa e spaventa in particolare Filiera Italia, nonostante auspici e beneplaciti del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Per il presidente di Confindustria però non ci sono grandi alternative, anche considerando quanto è cambiato il contesto geopolitico e, quindi, commerciale. “La Russia – ricorda Orsini – era un mercato importante, e l’abbiamo perso” dopo la guerra di aggressione contro l’Ucraina e le sanzioni europee.