Bruxelles – Mentre al Consiglio europeo in corso nella capitale Ue si discute, tra le altre cose, proprio di migrazioni e di rimpatri, stamattina (17 ottobre) il capo del governo dei Paesi Bassi ha avanzato una proposta destinata a far discutere. In sostanza, L’Aia starebbe valutando di deportare in Uganda i profughi africani la cui richiesta di asilo si è rivelata inconcludente. Il tema dei cosiddetti “hub di rimpatrio” da installare in Paesi terzi è caldissimo in queste settimane e si è imposto al centro del confronto tra i capi di Stato e di governo dei Ventisette, che ora avranno anche questa “soluzione innovativa” da considerare.
Prima che cominciasse ufficialmente la riunione dei leader dei Ventisette, stamattina alcuni di loro si sono incontrati su invito della premier italiana Giorgia Meloni, di quella danese Mette Frederiksen e di quello olandese Dick Schoof per “parlare di contrasto dei flussi migratori irregolari e in particolare di soluzioni innovative” per gestire il problema a livello europeo, nelle parole della presidente del Consiglio. Gli altri partecipanti erano il capo dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen (la quale ha di recente espresso esplicitamente il proprio favore all’idea degli hotspot esterni), e i rappresentanti di Austria, Cechia, Cipro, Grecia, Malta, Polonia, Slovacchia e Ungheria. Non erano presenti alla riunione altri grandi Paesi, come Germania, Francia e Spagna.
Durante l’incontro, dove Meloni ha presentato come un successo l’esternalizzazione delle procedure di esame delle richieste d’asilo nei due Cpr (centri di permanenza per i rimpatri) in Albania appena entrati in funzione, Schoof ha messo sul tavolo l’idea, maturata nel suo gabinetto di governo, di inviare in Uganda i profughi che hanno fatto richiesta d’asilo nei Paesi Bassi senza ottenere un esito positivo e che andrebbero pertanto espulsi. Si tratterebbe di richiedenti asilo provenienti dalla regione dell’Africa centro-orientale, che nei piani (ancora da elaborare nel dettaglio) del governo olandese dovrebbero essere “accolti” da Kampala in cambio di un indennizzo finanziario.
Durante un viaggio in Uganda, la ministra olandese per il Commercio internazionale Reinette Klever (proveniente dal Pvv, il partito dell’ultradestra anti-migranti di Geert Wilders che ha vinto le elezioni nel novembre scorso) ha dichiarato che “per il governo è importante che coloro che hanno esaurito tutti i rimedi legali tornino nel loro Paese d’origine”.
L’accordo con l’Uganda, definito dalla ministra “un Paese ospitale” nonostante le continue violazioni dei diritti umani (dalla libertà di manifestare il dissenso politico a quella di esprimere liberamente la propria sessualità, con l’omosessualità bandita per legge), non è ancora definito e dovrà essere esplorato dalla responsabile delle politiche di asilo, la sua compagna di partito Marjolein Faber, in coordinazione con il titolare degli Esteri ugandese Jeje Odongo, il quale si sarebbe detto aperto ai colloqui. In realtà, parrebbe non esserci una completa identità di vedute nemmeno all’interno della coalizione di quattro partiti che regge il governo a L’Aia.
Anche la Danimarca, che insieme a Italia e Paesi Bassi co-organizzava l’evento di stamani, avrebbe proposto una soluzione analoga, orientandosi però verso il Kosovo. Non si tratta in ogni caso della prima volta che viene proposta una soluzione di questo genere per risolvere il “problema” di dove mettere gli esseri umani che abbandonano il loro Paese di origine per cercare di entrare in Ue, e che si vedono rifiutata la richiesta d’asilo. La Germania, ad esempio, starebbe considerando di spedire i richiedenti afghani in Uzbekistan in cambio della promessa di accettare un maggior numero di migranti economici uzbeki. La stessa Faber ha recentemente mostrato interesse per il Paese dell’Asia centrale come eventuale meta per i trasferimenti olandesi.