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Home » Economia » Volkswagen chiude almeno tre stabilimenti in Germania. Sulla graticola finisce anche il cancelliere Scholz

Volkswagen chiude almeno tre stabilimenti in Germania. Sulla graticola finisce anche il cancelliere Scholz

La decisione del gruppo metterà a rischio decine di migliaia di posti di lavoro. I sindacati si sono già mobilitati, mentre l'opposizione chiede a Scholz azioni concrete (o le dimissioni)

Noemi Morucci di Noemi Morucci
29 Ottobre 2024
in Economia
Lavoratori del gruppo Volkswagen. Credit: Jens Schlueter AFP

Lavoratori del gruppo Volkswagen. Credit: Jens Schlueter AFP

Bruxelles – Scossone per l’industria automobilistica tedesca: il marchio Volkswagen progetta di chiudere almeno tre stabilimenti in Germania, licenziando decine di migliaia di dipendenti e ridimensionando i restanti impianti.

Nella storia di una delle case di produzione automobilistiche tedesche più importanti, è la prima volta che viene preso in considerazione di agire sulle fabbriche nazionali. La decisione è stata comunicata ai dipendenti ieri (28 ottobre), causando reazioni molto dure dai sindacati di categoria. Si aspettano novità e proposte concrete per domani (30 ottobre).

Nel frattempo la responsabile del consiglio di fabbrica dell’azienda, Daniela Cavallo, ha commentato: “La direzione è assolutamente seria su questo. Non si tratta di una dimostrazione di forza nel corso della contrattazione collettiva“. I costi degli stabilimenti tedeschi, secondo il commento del responsabile della divisione Volkswagen, Thomas Schaefer, “sono attualmente dal 25 al 50 per cento più alti di quanto avevamo previsto”. Entro il 2026, l’obiettivo dell’azienda rimane un incremento della redditività, che arranca visti i costi esosi, per poter avere maggiore manovra di spesa.

Visione concorde con Schaefer quella del membro del consiglio del gruppo, Gunnar Kilian: “Senza misure globali per riconquistare la competitività, non saremo in grado di permetterci investimenti essenziali in futuro”. Riformulato in altre parole: la produzione in Germania, così come è ora, non conviene all’azienda.

La grande domanda riguarda cosa succederà ai lavoratori degli stabilimenti che verranno chiusi. L’avvertimento dei sindacati è stato chiaro: “Se Volkswagen conferma il suo percorso distopico mercoledì, il consiglio deve aspettarsi le conseguenze corrispondenti da parte nostra“, aveva annunciato il negoziatore del sindacato Ig Metall Thorsten Groeger.

Da oggi, sono cominciati gli scioperi, di cui Ig Metall si è fatto promotore. Le intenzioni sembrano quelle di farli proseguire fino a che non verranno accolte le richieste dei lavoratori (come l’aumento degli stipendi nella nuova contrattazione collettiva). Da ricordare che il potere negoziale dei lavoratori è elevato, dal momento che nel consiglio di sorveglianza la metà dei membri sono rappresentanti degli impiegati, per cui non ci si aspetta una contrattazione semplice.

Il simbolo dell’industria tedesca sta soffrendo le pressioni economiche sul paese, la cui crescita è sempre più bassa. In Germania si sconta l’alto costo dell’energia e della manodopera, insieme alla concorrenza cinese, nonostante il governo tedesco si sia opposto ai dazi sulle importazioni di auto elettriche di Pechino.

Ultima, non per importanza, è la difficoltà per un’industria ad alte emissioni ad adattarsi ai target green europei che chiedono l’abbandono del motore a combustione a favore di quello a batteria (insieme all’impegno europeo per la neutralità climatica entro il 2050). Dopo la tempesta Dieselgate nel 2015 (e tutte le conseguenze), Volkswagen per non restare indietro ha investito sull’elettrico, ma alla fine ha trovato un mercato non pronto a recepire i nuovi prodotti.

Per giunta, la decisione del gruppo impatta anche sul governo tedesco. Il vertice sull’industria di oggi della Cancelleria tedesca si dovrà concentrare su come risolvere il problema di Volkswagen, che rischia di diventare un buco nero per l’economia tedesca.

Avvertimenti chiari dagli avversari politici del cancelliere Olaf Scholz, a cui chiedono azioni concrete o come alternativa “dimettersi e lasciare il posto a Friedrich Merz (leader del Cdu, l’Unione dei cristiano-democratici n.d.r.)”, secondo le parole di Dennis Radtke, membro del Cdu. Si cercano di calmare gli animi nel versante dei socialdemocratici della Spd. “Il Cancelliere federale fa della sicurezza della sede industriale e commerciale una priorità assoluta“, ricorda Dirk Wiese, vice-capogruppo parlamentare del gruppo

Mala tempora currunt per Scholz. Il gradimento ai minimi storici per il cancelliere rischia di subire ulteriori cadute, considerando che uno dei punti salva-Scholz doveva concentrarsi sull’industria delle automobili e sui bonus di acquisto delle auto elettriche. Con l’estrema destra alle calcagna nei sondaggi e Volkswagen che ora mette in ginocchio i lavoratori, non si prospettano mesi facili per i socialdemocratici e l’esito delle elezioni di settembre 2025 diventa sempre meno scontato.

Tags: autocrisi economicagermaniaOlaf Scholzscioperisindacativolkswagen

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