Bruxelles – La buona notizia è che “l’economia europea si sta lentamente riprendendo“. Il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, tira un sospiro di sollievo. Le incertezze, soprattutto esterne e di natura geopolitica, non mancano né si sono dissipate, e continueranno ad adombrare scenari e aspettative. Anzi, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca si intensificano. Ma, sintetizza il membro italiano del collegio dei commissari, dalle previsioni economiche d’autunno che la Commissione europea diffonde pubblicamente emerge che “la crescita è destinata ad accelerare gradualmente nei prossimi due anni, mentre l’inflazione continua ad attenuarsi e i consumi privati e la crescita degli investimenti riprendono”.
Gentiloni aveva offerto prime anticipazioni per l’eurozona.
Crescita confermata allo 0,8 per cento nel 2024, come da lui preventivato. E’ questo l’unico dato assodato in previsioni, certamente prudenziali, che
tagliano di uno 0,1 per cento le stime di crescita per l’area dell’euro nel 2025 (1,3 per cento anziché 1,4 per cento),
e dell’Ue nel suo complesso per quest’anno e il prossimo (non più 1 per cento e 1,6 per cento ma 0,9 per cento e 1,5 per cento rispettivamente).
Sulle previsioni pesa il rallentamento tedesco. La principale economia europea a fine anno risulta praticamente ferma, oltretutto con segno negativo: -0,1 per cento il Pil della Germania alla fine del 2024, e con una crescita attesa per il 2025 allo 0,7 per cento, sotto le attese per una stima tagliata rispetto alle previsioni di maggio (-0,3 per cento).
L’inflazione scende, l’economia può respirare
A trainare questa ripresa moderata è certamente l’
allentamento dell’inflazione.
E’ vero che “le pressioni sui prezzi nei servizi rimangono elevate”, come riconoscono i servizi della Commissione europea, “ma si prevede che si modereranno dall’inizio del 2025, guidate dal rallentamento della crescita salariale e da una prevista ripresa della produttività, e sostenute da effetti base negativi”. Le attese sono dunque all’insegna di un calo dei prezzi al consumo, privato e industriale, che fa ben sperare. Si prevede “un calo dell’inflazione verso l’obiettivo [di riferimento del 2 per cento] a fine 2025 nell’area dell’euro e nel 2026 nell’Ue”.
Non solo Russia, l’Ue teme ‘l’effetto Trump’
L’Unione europea e la sua eurozona restano comunque ostaggio dei fattori esterni. “L’incertezza e i rischi al ribasso per le prospettive sono aumentati“, riconosce la Commissione europea. Perché ad una guerra russo-ucraina che continua e che risulta sempre più complicato predire in termini di conclusioni, e all‘intensificarsi del conflitto in Medio Oriente, si aggiungono ora scenari di guerre commerciali con gli Stati Uniti. Non si cita apertamente il presidente eletto Donald Trump, ma si sottolinea come “un ulteriore aumento delle misure protezionistiche da parte dei partner commerciali potrebbe sconvolgere il commercio globale, gravando sull’economia altamente aperta dell’Ue“.
E’ Gentiloni, nel presentare le previsioni economiche d’autunno in conferenza stampa, a parlare apertamente del partner trans-atlantico. “Una possibile svolta protezionistica nella politica commerciale degli Stati Uniti sarebbe estremamente dannosa per entrambe le economie“, sottolinea il commissario per l’Economia, fiducioso che un’eventuale ricaduta negativa per l’economia americana possa giocare da fattore per astenersi da guerre commerciali. Anche se non spetterà né a lui né ai suoi colleghi di collegio, assicura che “la Commissione collaborerà con la nuova amministrazione statunitense per promuovere un’agenda transatlantica forte e garantire che i canali commerciali internazionali rimangano aperti, rendendoli al contempo più sicuri.
Alla luce di questi fattori, per Gentiloni si impongono scelte chiare e non più rinviabili. “Guardando al futuro – scandisce – rafforzare la nostra competitività attraverso investimenti e riforme strutturali è fondamentale per aumentare la crescita potenziale e gestire i crescenti rischi geopolitici”. Vuol dire non indugiare sull’attuazione dei piani per la ripresa, né sul percorso di risanamento dei conti pubblici. Perché, sottolinea, “eventuali ritardi nell’attuazione del Piano di ripresa o un impatto maggiore del previsto del consolidamento di bilancio potrebbero frenare ulteriormente la ripresa della crescita“.