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Home » Economia » Brexit, i produttori di auto chiedono a Londra e Bruxelles accordi per il settore

Brexit, i produttori di auto chiedono a Londra e Bruxelles accordi per il settore

L'Acea pone ai leader dell'Ue la questione delle omologazioni, spingendo per un mutuo riconoscimento dei modelli immatricolati al fine di evitare un blocco nel mercato. Chiesto mantenimento di attuale regime per le emissioni

Renato Giannetti di Renato Giannetti
19 Marzo 2018
in Economia, enindustry

Bruxelles – Attenzione, la Brexit rischia di lasciare tante persone a piedi. Se non si stabiliscono bene le regole per i prossimi accordi tra il Regno Unito e l’Unione europea la compravendita di automobili potrebbe essere seriamente a rischio. A lanciare l’allarme è l’Acea, l’associazione dei costruttori europei di automobili, che chiede ai negoziatori di entrambe le parti di occuparsi della questione delle omologazioni. Per poter circolare nell’Ue le auto devono rispondere a tutta una seria di standard tecnici e requisiti ambientali e di sicurezza. Le quattro-ruote made in UK non potranno essere vendute oltre Manica se non risponderanno a queste regole, e non le vetture made in Ue rischiano di vedersi precludere l’accesso sulle strade britanniche.

Per il segretario generale dell’Acea, Erik Jonnaert, “è essenziale che i produttori possano continuare a godere di permessi validi sia nell’Ue che nel Regno Unito a partire dal 30 marzo 2019, indipendentemente dal luogo in cui è stata rilasciata l’approvazione”. Da qui la richiesta a Londra e Bruxelles il mutuo riconoscimento delle auto immatricolate, che sono in gran parte Toyota, Nissan, Bmw (per la Mini), Jaguar, Land Rover, Honda, GM, Vw.

Ma c’è un altro nodo che i produttori europei di automobili chiedono di sciogliere, ed è quello relativo alle emissioni di gas a effetto serra. Attualmente anche il Regno Unito è incluso nel calcolo delle emissioni di CO2 e nelle politiche comuni di riduzione. Con la Brexit le auto britanniche usciranno dal monitoraggio oppure no? Un punto di domanda che assilla i produttori. Ricalcolare i tetti di emissione escludendo la quota britannica vuol dire costringere tutti gli altri Paesi a modificare la produzione di motori, a quel punto necessariamente a più basse emissioni. Un costo, ma soprattutto un problema visto il poco tempo a disposizione per centrare gli obiettivi del 2021, che prevedono che tutte le nuove auto producano 95 grammi di CO2 per chilometro. Per l’Acea tutto dovrebbe rimanere così com’è attualmente, e si rivolge ai leader, che giovedì e venerdì si ritroveranno a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo.

Tags: AceaautoautomobilibrexitCO2emissioni CO2minimotoriNissanomologazionerange rovertoyotatrasportiUe

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