Portare la questione tibetana all’attenzione del mondo e, soprattutto, della Commissione europea, troppo spesso “distratta” su quanto accade in Tibet. Questo lo scopo della “Staffetta della fiamma della verità” (Flame of truth relay), manifestazione organizzata dal governo tibetano in esilio per fare luce sull’aggravarsi della situazione nel territorio occupato dai cinesi più di sessant’anni fa. Rappresentanti del governo tibetano in esilio e delle principali associazioni internazionali a sostegno del Tibet (come Save Tibet e International campaign for Tibet) saranno a Bruxelles dal 17 al 20 settembre per raccogliere firme per una petizione da presentare alle Nazioni Unite il 10 dicembre per chiedere interventi che pongano fine alle violenze e alle repressioni cinesi contro il popolo tibetano e mettere il Tibet nelle agende dei governi. L’obiettivo è raggiungere le 100.000 adesioni. La manifestazione servirà inoltre a ricordare l’esistenza di una questione ancora irrisolta, e dire come stanno veramente le cose.
Secondo la versione ufficiale del governo cinese, il Tibet è la regione autonoma tibetana (Tar), governata da Pechino per garantire l’armonia tra le etnie presenti nel territorio e lo sviluppo della regione. Ma il popolo tibetano porta con sé un’altra verità. “Da quando il Tibet è stato invaso – denunciano gli organizzatori – il governo cinese ha introdotto molte politiche volte a sradicare l’identità nazionale del popolo tibetano”. Tutto si è tradotto – tra le altre cose – nell’imposizione della lingua cinese a scuola e nella limitazione della libertà di culto. La situazione è peggiorata negli ultimi anni. “Dal 2009 almeno 51 tibetani si sono dati fuoco in segno di protesta”, denunciano Save Tibet, International campaign for Tibet, Tibetan community of Belgium, Les amis du Tibet.
Il 17 settembre la fiamma della verità arriverà a place du Luxembourg (ore 11), davanti la sede del Parlamento europeo, dove alcuni deputati europei si uniranno ai rappresentanti del popolo tibetano, che il 19 settembre saranno accolti ufficialmente dalle autorità del Belgio. Il 20 settembre, in occasione del vertice Ue-Cina, un corteo sfilerà da place Schuman a place du Luxembourg per portare all’attenzione di Commissione europea e Parlamento Ue la questione tibetana. Non ci sarà il Dalai Lama, e nessuna delegazione tibetana sarà ricevuta in Commissione Ue. Per ora, almeno, non è previsto, ma appare improbabile che in alla vigilia dell’incontro tra gli uomini di Barroso e la delegazione cinese la Commissione Ue possa aprire le porte ai tibetani e affrontare una questione delicatissima che rischia di compromettere i rapporti diplomatici con la Cina. Il governo tibetano in esilio e la rete internazionale delle associazioni pro-Tibet saranno comunque a Bruxelles per ricordare alla Commissione Ue il suo impegno per la democrazia.
Renato Giannetti