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Home » Cronaca » Il lupo “è un pericolo”. La Commissione europea valuta una revisione dello status di protezione

Il lupo “è un pericolo”. La Commissione europea valuta una revisione dello status di protezione

L'esecutivo Ue invita le comunità locali a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi e sui loro impatti, necessari per introdurre "ulteriori flessibilità" sulle deroghe alla tutela della specie. Secondo le stime potrebbero essere all'incirca 21 mila esemplari su tutto il continente

Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
4 Settembre 2023
in Cronaca
lupo

(Photo by THOMAS KIENZLE / AFP)

Bruxelles – Il lupo “è diventato un pericolo”. Per il bestiame, ma “potenzialmente anche per gli esseri umani“. Con queste parole della sua presidente, Ursula von der Leyen, la Commissione europea ha annunciato oggi (4 settembre) che potrebbe rivedere lo status di protezione del predatore “alla luce dell’evoluzione di questa specie”.

Prima di presentare una proposta per introdurre “ulteriori flessibilità” sulle deroghe alla tutela del lupo, l’esecutivo comunitario vuole capire quanti esemplari abitano oggi in Europa e quale impatto hanno sui territori in cui vivono. Nel 2018 erano all’incirca 17 mila su tutto il continente, secondo una valutazione effettuata dagli esperti del Large Carnivore Initiative for Europe. Ma con un tasso di crescita potenziale del 30 per cento annuo, si stima che potrebbero essere già oltre i 21 mila esemplari. Se già le cifre non sono limpide, le valutazioni degli impatti del ripopolamento di lupi su alcune regioni d’Europa sono terreno di scontro tra posizioni iper polarizzate: a un estremo gli allevatori che subiscono attacchi sempre più frequenti al proprio bestiame, all’altro le associazioni animaliste che fanno battaglia per proteggere la biodiversità. La stessa von der Leyen, nel settembre del 2022, ha subito un attacco in una sua proprietà nel nord della Germania, in cui era rimasto ucciso il suo pony, Dolly.

Per vederci chiaro la Commissione ha invitato “le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate” a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi e sui loro impatti entro il 22 settembre 2023, aprendo a tal fine l’indirizzo email EC-WOLF-DATA-COLLECTION@ec.europa.eu . Un lavoro di raccolta dati che il gabinetto von der Leyen, spinto da una risoluzione del Parlamento europeo di novembre 2022, porta avanti già da aprile, ma che “non è ancora sufficiente”, ha ammesso un portavoce dell’esecutivo Ue.

A prescindere dall’esito della consultazione, la Commissione europea è preoccupata perché “il ritorno del lupo nelle regioni dell’Ue dove è stato assente per molto tempo sta portando sempre più conflitti con le comunità locali di agricoltori e cacciatori, soprattutto dove le misure per prevenire gli attacchi al bestiame non sono ampiamente attuate”. Un recupero, quello dei grandi carnivori, iniziato nel 1992 con la direttiva Habitat: oltre al lupo, l’orso bruno, il ghiottone, lo sciacallo dorato, la lince eurasiatica e la lince iberica, sono tutelati dal divieto di uccisione deliberata e cattura, oltre che di deterioramento o distruzione dei loro siti di riproduzione e di riposo in tutti i territori dell’Ue.

Norme molto stringenti, ma -come sottolineato dalla stessa von der Leyen- esistono già alcune deroghe agli obblighi della direttiva. “Invito le autorità locali e nazionali ad agire laddove necessario. In effetti, l’attuale legislazione dell’Ue consente già loro di farlo”, ha precisato la leader Ue. Per la concessione di una deroga, ergo per poter abbattere esemplari, le autorità competenti degli Stati membri devono dimostrare che si verifichino contemporaneamente tre condizioni. Che la deroga non abbia “effetti che pregiudicano il mantenimento delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, che “non esista un’altra soluzione valida, vale a dire ricorrendo a strumenti non letali”, e soprattutto che sussistano una o più tra una serie di motivazioni: “proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, prevenire gravi danni alle colture, all’allevamento, ai boschi al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà“, preservare “l’interesse della sanità e della sicurezza pubblica”, perseguire “finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie”, consentire “in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari”.

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