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Home » Cronaca » Con la sanità europea -109mila morti l’anno e meno vittime di cancro

Con la sanità europea -109mila morti l’anno e meno vittime di cancro

Poca prevenzione, si spende solo a paziente già malato. Dal Parlamento europeo un'analisi dei costi della non-Europa della sanità. Un coordinamento Ue potrebbe risolvere anche il problema di un mercato unico dei farmaci che non c'è

Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
13 Marzo 2024
in Cronaca

Bruxelles – Poca ricerca, poca prevenzione, troppe inefficienze. E troppe morti che si potrebbero evitare. Con le giuste accortezze e le giuste politiche se ne potrebbero contare almeno 109mila in meno ogni anno. L’Europa della salute non c’è, e non potrebbe essere altrimenti. In base ai Trattati la materia è di competenza nazionale, ma un maggior peso dell’Unione europea potrebbe contribuire a riscrivere, in senso migliorativo, una storia fin qui degna di film horror. Il numero di  vittime di cancro potrebbe essere anche quasi azzerato, se solo ci fosse una cabina di regia comune. Un esempio su tutti lo offre il numero di vittime di cancro cervicale: 27 ogni milioni di abitanti nel 2019, e il 91 per cento di queste morti si sarebbe potuto evitare con pratiche di prevenzioni migliori.

E’ questo uno dei costi della non-Europa della salute, messo nero su bianco dal centro studi e ricerche del Parlamento europeo nello studio dedicato al tema. Che dire del cancro al colon, che nel 2019 ha provocato 311 morti per milione di abitanti nell’Ue, secondo tipo di neoplasia più diffusa nella regione? Si stima che il 60 per cento delle vittime si sarebbe potuto evitare. Ancora, sempre grazie alla sola prevenzione si sarebbe potuto quasi dimezzare (-47 per cento) il numero dei morti per cancro ai polmoni (509 decessi per milione di abitanti nel 2019).

Mentre per quanto riguarda le sole donne, più di una su tre colpita da tumore al seno si sarebbe potuta salvare se solo nell’Unione europea ci fosse un sistema sanitario di prevenzione adeguato. I numeri dell’Europa sono questi. Nel complesso, si denuncia nel documento, queste inefficienze nelle pratiche di screening potrebbero rappresentare fino a circa 1,6 milioni di decessi, di cui circa un quarto di milione dovuti al cancro.

Qualcosa, pian piano, si sta muovendo. Il Parlamento europeo ha chiesto e sostenuto un piano Ue di contrasto ai tumori, una strategia per la lotta al cancro che può tramutare una storia di insuccesso in storia di successo. Il problema, però, in una materia di competenza nazionale ricade è a livello di Stati membri. Non v’è dubbio che “le inefficienze dei vari Stati membri nell’assistenza sanitaria preventiva possono contribuire a ridurre i tassi di screening e a peggiorare i risultati sanitari”. La malasanità andrebbe contrastata, e al contempo la spesa per la sanità non andrebbe tagliata: questi i messaggi impliciti nel documento sui costi della non-Europa dell’assistenza sanitaria.

Perché un maggior ruolo europeo, dunque? L’analisi risponde. “In totale, gli appalti e la prevenzione inefficienti negli Stati membri potrebbero essere responsabili di circa 2,1 milioni di morti nell’Ue. Supponendo che un ruolo più forte dell’UE possa ridurre le inefficienze del 5 per cento, si potrebbero salvare 109mila vite umane” ogni anno.

Ancora, a livello di Unione europea si potrebbe indirizzare la spesa in prevenzione. Perché fin qui l’approccio è quello di investire quando si ritiene che serva davvero, vale a dire a patologia acquisita. Nel 2019 circa il 2,9 per cento della spesa sanitaria media dell’Unione europea è stata destinata all’assistenza sanitaria preventiva, cifra aumentata a circa il 6 per cento nel 2021 a causa della pandemia di COVID-19. Il livello di spesa per l’assistenza sanitaria preventiva è basso rispetto alle cure curative e riabilitative, che hanno rappresentato oltre la metà della spesa sanitaria media dell’Ue (53 per cento) nel 2019 e nel 2021.

Non solo. Una delle dirette conseguenze della sanità a competenza nazionale è l’assenza di un mercato unico dei farmaci. Con i singoli Paesi a negoziare con le case farmaceutiche, e situazioni sanitarie diverse anche per una composizione sociale diversa, vendita e accesso dei medicinali non sono gli stessi. “Il risultato è che non tutti gli Stati membri lanciano nuovi farmaci”. Oppure li immettono nelle farmacie con tempi molto diversi. “Il tempo che intercorre tra l’approvazione centrale e la disponibilità nel Paese può variare di quasi 10 volte”, sottolinea lo studio. Si va “da 128 giorni in Germania a 918 giorni in Romania”. Da notare come il tempo di disponibilità “è più lungo per i farmaci oncologici (526 giorni) e per i farmaci orfani necessari per la cura delle malattie rare (625 giorni), rispetto a tutti i prodotti (517 giorni)”.
Anche di questi temi si discuterà il prossimo 15 aprile nell’evento organizzato a Roma da Withub, Agenzia Gea, Eunews e Fondazione articolo 49 “Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute”, che si svolgerà a Roma nello Spazio Esperienza Europa David Sassoli, in Piazza Venezia, a partire dalle 14.30, con la partecipazione di massimi responsabili del settore.
Tags: cancroprevenzioneSalutetumoriUeunione della salute

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