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Home » Economia » Corte Ue pronta a ‘spegnere’ l’Ilva: “Esercizio da sospendere in nome di ambiente e salute”

Corte Ue pronta a ‘spegnere’ l’Ilva: “Esercizio da sospendere in nome di ambiente e salute”

I giudici di Lussemburgo affidano alla giustizia nazionale il compito di verificare se ci sono le condizioni per andare avanti o meno, ma fissano un principio generale che rischia di incidere sul polo di Taranto

Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
25 Giugno 2024
in Economia
L'impianto ArcelorMittal (Ex Ilva) a Taranto. [foto: imagoeconomica]

L'impianto ArcelorMittal (Ex Ilva) a Taranto. [foto: imagoeconomica]

Bruxelles – L’Ilva di Taranto può essere fermata. L’acciaieria di Taranto, la seconda più grande d’Europa, può chiudere i battenti, temporaneamente, in ragione della tutela della salute e dell’ambiente. La Corte di giustizia dell’Ue non ha dubbi, e con sentenza stabilisce la supremazia del cittadino su quella della produzione e del fatturato. “Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana,
l’esercizio dell’acciaieria Ilva dovrà essere sospeso“. Spetterà ai giudici nazionali fare le valutazione del caso e procedere alle decisioni necessarie, ma intanto i giudici di Lussemburgo tracciano la via da seguire in materia di diritto.

Il pronunciamento della Corte di giustizia dell’Ue è solo l’ultimo tassello di una storia senza fine. Nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo (organismo internazionale non Ue) ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona, condannando l’Italia a porre rimedio. La Commissione europea ha aperto i fascicoli sull’impianto industriale ancora prima, nel 2013, per chiedere di renderlo meno inquinante. Il Paese è andato avanti. Per ragioni economiche e occupazionali. Il governo Renzi ha garantito aiuti per salvare i circa 11mila posti di lavoro, per cui l’Ue che ha chiesto lumi.

Nel frattempo la politica nazionale si è adoperata per salvare l’impianto ed evitare le multe di Bruxelles, cedendo il polo siderurgico ad ArcelorMittal, a cui è stato imposto un lavoro di ammodernamento per poter continuare a operare. La popolazione di Taranto ha però intrapreso azioni legali, contestando il fatto che l’Ilva non fosse stata fermata. Tra le critiche, quella che vorrebbe l’installazione non conforme ai requisiti della direttiva relativa alle emissioni industriali.

La storia infinita non si esaurisce. I giudici di Lussemburgo mettono pressione sul governo e in particolare il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che si è speso in prima persona per rilanciare il polo industriale per la produzione sostenibile dell’acciaio.  Bisogna fare in fretta.

Il Green Deal europeo ha dato nuova e rinnovata centralità a protezione dell’ambiente e della salute
umana, che, ricordano i giudici di Lussemburgo, “costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Per questo motivo, “in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile”. Ilva deve smettere di inquinare, e subito.

Anche perché operare in deroga non è possibile. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, “il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”. Deve decidere la giustizia italiana, in fretta e come si deve. Andare avanti in ragione dei posti di lavoro e della produzione rischia una procedura d’infrazione,

Tags: acciaierieambienteCorte UeIlvailva di tarantoSalutesostenibilità

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