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Home » Politica Estera » Unrwa: “L’embargo a Gaza è una punizione collettiva, va abolito”

Unrwa: “L’embargo a Gaza è una punizione collettiva, va abolito”

Il Commissario generale dell'agenzia Onu per i profughi palestinesi al Parlamento europeo. "La sicurezza di Israele non si raggiunge a discapito di un milione e mezzo di abitanti della Striscia"

Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
27 Gennaio 2014
in Politica Estera

Il Commissario generale dell’agenzia Onu per i profughi palestinesi al Parlamento europeo
“Sicurezza Israele non si raggiunge a discapito di un milione e mezzo di abitanti della Striscia”

Gaza embargo

L’embargo imposto da Israele alla Striscia di Gaza “è illegale” in quanto si tratta di una “punizione collettiva” contro il popolo palestinese e per questo “va abolito”. È quanto ha dichiarato Filippo Grandi, Commissario Generale dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite nata per soccorrere i profughi palestinesi nel vicino oriente, in un’audizione nella commissione Affari esteri del Parlamento europeo. Le restrizioni imposte da Tel Aviv a partire dal giugno 2007 condizionano in maniera drammatica la vita delle persone che vivono in quei territori con “la povertà che aumenta e le infrastruttura che crollano”. Secondo Grandi l’Onu “prende in considerazione la sicurezza di Israele” ma questa non può essere certo ottenuta “a scapito di 1 milione e mezzo di palestinesi che vivono nella Striscia”. Come se non bastasse l’embargo imposto da Israele impedisce addirittura il lavoro delle organizzazioni umanitarie. “Negli ultimi tempi hanno approvato solo 12 progetti dell’Unrwa, mentre ben 58 attendono l’autorizzazione” ha raccontato il Commissario generale, e questo è un problema anche per l’economia della zona visto che si tratterebbe “di una delle poche opportunità di lavoro per i cittadini di Gaza”. Anche l’Egitto, che confina con Gaza, negli ultimi tempi ha inasprito i controlli rendendo la situazione ancora più complicata. Molti dei tunnel costruiti dai palestinesi sotto il confine per contrabbandare armi ma anche viveri sono stati chiusi e ciò “ha colpito fortemente la popolazione” che, ha riconosciuto Grandi, “ha perso un canale per ottenere beni fondamentali per il suo sostentamento”.

L’Unrwa assiste circa 5 milioni di profughi palestinesi che sono scappati dalle proprie case durante i diversi conflitti con Israele, e molti di questi si sono trovati loro malgrado a dover affrontare altre guerre, come quelli che avevano cercato rifugio in Siria. “L’Unrwa ha registrato 540mila profughi nel Paese” e lì fino all’inizio degli scontri “sono sempre stati trattati con positivo senso di ospitalità” ma ora il conflitto purtroppo “ha avuto un impatto su di loro” e più della metà sono stati sfollati e “circa 80mila hanno lasciato il paese e sono profughi una seconda volta”. Emblematico il caso del campo profughi di Yarmouk, a sud di Damasco, che è finito sotto il controllo delle milizie ribelli ed ora sta subendo l’assedio dell’esercito lealista. Nel 2011, prima dello scoppio della rivolta, ci vivevano circa 170mila persone. Adesso, secondo i dati Onu, vi sono rimasti intrappolati circa 20mila palestinesi tutti gli altri sono scappati. “Da dicembre 2012 per noi è stato difficile raggiungere queste persone che ora soffrono di fame, malnutrizione ed è impossibile vaccinare i bambini – continua Grandi – Negli ultimi 8 giorni il governo ci ha consentito di inviare degli aiuti” ma “siamo riusciti a far entrare solo 138 pacchi alimentari, ognuno dei quali serve a sfamare 8 persone per 10 giorni. Non è niente”.

Alfonso Bianchi

Leggi anche:
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Tags: bruxellesembargoGazaIsraeleonupalestinaparlamento europeoStriscia di GazaUnrwa

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