Bruxelles – Per molti studenti universitari l’arrivo della pandemia ha significato soprattutto ansia, stress e attacchi di depressione, tutte ripercussioni che hanno spezzato il normale svolgimento della loro carriera universitaria e che in alcuni casi hanno chiamato direttamente in causa gli atenei europei.
L’ultimo episodio a Bruxelles. La Vrije Universiteit ha chiamato a raccolta 150 dei suoi studenti iscritti alla laurea magistrale in psicologia per far partire a marzo una campagna di sostegno psicologico a distanza per i 16 mila studenti dell’università. Saranno assunti dall’ateneo come consulenti e, dopo essere stati adeguatamente formati, dovranno contattare uno a uno i loro colleghi universitari per accertarsi che non sia a rischio il loro benessere mentale. L’università ha lanciato l’iniziativa sulla scorta di quanto emerso nelle ultime ricerche scientifiche sugli effetti che le misure restrittive anti-contagio stanno avendo su molti giovani. Una problematica rispetto alla quale Vrije Universiteit si è assunta la responsabilità.
Secondo un’indagine condotta dalla multinazionale di consulenza Ipsos per la Federazione delle associazioni studentesche francesi (FAGE) durante il primo periodo di confinamento, nei mesi iniziali della pandemia, il 73 per cento degli studenti universitari ha accusato gli effetti sul piano psicologico e sociale e il 23 per cento ha pensato al suicidio come conseguenza della riduzione dell’interazione sociale e della maggiore incertezza per il proprio futuro e per la propria vita. Nel mese di marzo il Centro universitario medico-psicologico di Strasburgo (CAMUS) ha ricevuto una quantità mai riscontrata prima di richieste di supporto. E l’emergenza non si è affievolita con l’inizio del nuovo anno accademico. “La pandemia ha esasperato patologie come la bipolarità e la schizofrenia che in molti giovani erano già latenti”, si legge in un comunicato.
Proprio in Francia c’è il rischio che l’emergenza psicologica si intrecci con la crisi economica. Da ottobre a Parigi, grazie al sostegno di alcune associazioni studentesche come Co’p1, due volte a settimana viene organizzata la distribuzione gratuita di alimenti invenduti agli studenti in difficoltà economica. Molti non ricevono sostegno dalla propria famiglia e non ce la fanno a mantenersi.
La questione era stata denunciata durante la sessione plenaria di gennaio del Parlamento europeo dall’esponente del gruppo politico della sinistra Manon Aubry (The Left). Intervenendo al dibattito sulle priorità della presidenza del Consiglio portoghese l’eurodeputata francese aveva sollecitato i colleghi “a dare risposta forte di fronte allo tsunami della povertà che in Europa sta colpendo molti giovani” fino a invitarli a proclamare lo stato di emergenza sociale in tutta l’Unione Europea.
Hier soir, j'étais aux côtés de @Cop1_Soli_Etu pour une distribution alimentaire aux étudiants.
La file d'attente en dit long sur la précarité étudiante.
Le gouvernement veut qu'ils fassent la queue devant des banques pour des prêts. Eux sont là pour manger. Et sont inquiets. pic.twitter.com/MEcbdMeLwV
— Manon Aubry (@ManonAubryFr) January 30, 2021
L’ultimo appello è arrivato ieri (15 febbraio) dalla Commissione europea per mezzo del responsabile di Lavoro e diritti sociali Nicolas Schmit. “È terribile immaginare che nel fiore della propria giovinezza si debba andare alla ricerca di cibo, si abbiano problemi a pagare il tetto sotto il quale si vive. È la parte più drammatica di quello che stiamo attraversando”, ha dichiarato il lussemburghese durante una tavola rotonda in streaming organizzata dalla Confederazione dei sindacati europei mettendo in guardia sul rischio procurato dalla pandemia di far nascere una “generazione disperata”.