Bruxelles – “Lavorare in Cina oggi è un po’ più complicato di quanto lo era tre o quattro anni fa”. Jeorg Wuttke, presidente della Camera di commercio dell’Unione europea in Cina, ha commentato così la presentazione del Position paper 2021/2022 sulle imprese europee che operano nella Repubblica popolare. Si tratta di una pubblicazione annuale sulle possibilità e le prospettive delle compagnie (più di 1.700) attive nel Paese asiatico.
Ciò che emerge dal documento di quest’anno è che la Cina rimane un mercato imprescindibile per molte aziende europee, ma alcune delle prospettive politiche del paese preoccupano gli investitori. In particolare è il 14esimo piano quinquennale a minacciare, secondo il consorzio europeo, la crescita economica cinese – e dunque le possibilità di investire nel Paese.
Il piano, pubblicato a marzo 2021, introduce il concetto della “doppia circolazione”. Da una parte la Cina intende mantenere le imponenti capacità di esportazione all’estero, ma dall’altra intende implementare il mercato interno, raggiungere l’autarchia tecnologica e aumentare il controllo sull’imprenditoria privata.
La Camera di commercio UE: “La Cina rischia di compromettere la crescita”
Wuttke ha dichiarato in conferenza stampa che “la Camera di commercio UE in Cina teme che l’economia cinese possa continuare a sottoperformare qualora di allontanasse dalle riforme di mercato in favore di un approccio più insulare”. Il rischio maggiore, secondo il report, è che la volontà della RPC di rendere completamente indigena la produzione in alcuni settori chiave (come i semiconduttori) possa portare ad una cattiva allocazione delle risorse e dunque a una minore crescita economica.
Wuttke ha raccontato il caso di alcune compagnie che per introdurre nuovi prodotti e servizi sul mercato cinese hanno dovuto interfacciarsi con più di 12 agenzie governative cinesi. Una testimonianza coerente con quanto riportato un sondaggio di giugno 2021 dello stesso consorzio, che aveva rivelato come molte imprese europee si sentano sottoposte a pressioni e controllo sempre maggiori per ragioni di sicurezza nazionale. Un discorso che tocca specialmente le aziende attive nei settori sensibili del digitale e delle comunicazioni, le stesse alla base della nuova strategia economica cinese.