Bruxelles – Attivare il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per l’erogazione dei fondi del bilancio comunitario e astenersi dall’approvare il Piano nazionale di ripresa e resilienza della Polonia “fino a quando il governo non avrà dato piena e corretta attuazione alle sentenze della Corte di Giustizia dell’UE”. È una rasoiata contro Varsavia – o meglio, contro l’esecutivo guidato da Mateusz Morawiecki – la risoluzione votata oggi dal Parlamento UE, dopo l’acceso dibattito in plenaria di martedì (19 ottobre).
Con 502 voti a favore, 153 contrari e 16 astenuti, l’Eurocamera si è espressa a larga maggioranza sulla mozione presentata dalla vicepresidente del Parlamento UE, Roberta Metsola (PPE), dal presidente della commissione per le Libertà civili, Juan Fernando López Aguilar (S&D), dal vicepresidente di Renew Europe, Michal Šimečka, dall’omologa dei Verdi/ALE, Terry Reintke, e dal membro del gruppo della Sinistra, Konstantinos Arvanitis. “I soldi dei contribuenti dell’UE non dovrebbero finire a governi che minano in modo flagrante, intenzionale e sistematico i valori europei”, spiegano gli eurodeputati.
A Commissione e Consiglio – che proprio oggi ha in agenda la discussione sullo Stato di diritto in Polonia – il Parlamento UE ha chiesto prima di tutto di avviare procedure d’infrazione nei confronti di Varsavia. Non solo in risposta alla controversia sulla sezione disciplinare della Corte Suprema, ma anche in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale (“illegale nella sua composizione”, come ha riconosciuto anche la Corte di Giustizia dell’UE) sull’incompatibilità dei Trattati comunitari con la Costituzione della Repubblica di Polonia.
Il gabinetto von der Leyen è stato esortato nuovamente ad attivare il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per l’erogazione dei fondi UE, dopo l’avvio di un procedimento legale del Parlamento Europeo contro la Commissione, a causa dei continui ritardi nell’applicazione del regolamento per le violazioni della Polonia. Il piano finanziario è quello su cui si può fare più pressione su Varsavia e gli eurodeputati lo sanno bene. Ecco perché il cuore della richiesta è di tenere in stallo l’approvazione del PNRR polacco, che dovrebbe mobilitare 23,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 12,1 miliardi in prestiti. Per le due istituzioni comunitarie si configura anche la possibilità di “usare i loro poteri, compresa l’interruzione o la sospensione dei pagamenti o procedendo a rettifiche finanziarie“. La fonte di preoccupazione è la “mancanza di indipendenza giudiziaria, che mette a rischio la legalità e la regolarità delle spese”, viene sottolineato dalla maggioranza parlamentare.
Accolta poi la “terza opzione” presentata due giorni fa dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, all’emiciclo di Strasburgo: attivare la procedura secondo l’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), vale a dire la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’UE (come il diritto di voto in sede di Consiglio), in caso di violazione “grave e persistente” da parte di un Paese membro dei principi fondanti dell’Unione. La risoluzione ha invitato il Consiglio a “dichiarare che c’è un chiaro rischio di una grave violazione dello Stato di diritto” da parte della Polonia, “adottando raccomandazioni inequivocabili, che non richiedono l’unanimità”. Per seguire questa strada, il Parlamento Europeo dovrebbe dare parere positivo con una maggioranza di due terzi, mentre la delibera dovrebbe arrivare dal Consiglio UE, con una maggioranza di quattro quinti dei membri (la Polonia, in questo caso, non parteciperebbe alla votazione).
Gli eurodeputati hanno voluto ricordare che “queste richieste non sono misure punitive contro il popolo polacco, ma mezzi per ripristinare lo Stato di diritto” nel Paese. In questo senso si inserisce la richiesta al gabinetto von der Leyen di “stabilire le modalità per garantire che i cittadini polacchi non siano privati dei benefici dei fondi europei a causa delle azioni dell’attuale governo”. L’obiettivo degli attacchi del Parlamento UE rimane proprio il partito sovranista al potere in Polonia, Diritto e Giustizia (PiS), e il premier Morawiecki: “Deploriamo che l’iniziativa di mettere in discussione il primato del diritto dell’UE sulla legislazione nazionale sia stata presa dall’attuale primo ministro”, che ha “abusato ulteriormente del sistema giudiziario come strumento per realizzare la sua agenda politica“. Il cuore della contesa riguarda le fondamenta del sistema democratico moderno: “Invitiamo le autorità polacche a smettere di fare arbitrariamente uso dei poteri esecutivi e legislativi per minare la separazione dei poteri e lo Stato di diritto”, è stato l’affondo dell’Eurocamera.