Bruxelles – C’è un rinnovamento dell’Europa, e questo è indiscutibile. Due donne alla testa delle tre principali istituzioni UE, tre se quattro se si aggiunge la BCE, è certamente un precedente inedito per la storia dell’UE. Ma al netto di cambiamenti che possono, anche a giusto titolo, indurre a cantare vittoria per un’Unione che cambia marcia e abbraccia e sposa la questione di genere, ci sono aspetti che ammantano questa nuova Europa di qualcosa che rischia di svilirla più che rilanciarla. C’è il dubbio che prevalga l’Europa degli Stati, quella inter-governativa, che sistema nei posti di comando personaggi deboli non capaci di tenere testa alle spinte confederali e nazionali.
Di Ursula von der Leyen si è già detto tutto. Non è mai stata un capo di governo, e fin qui la differenza con il suo predecessore, Jean-Claude Juncker si vede. Il lussemburghese ha forse perso le sue battaglie, ma dopo aver sfidato a viso aperto i Ventisette, allora Ventotto. Esempio lampante, la crisi dell’immigrazione. Pur di porre un freno impose quote obbligatorie emergenzia di redistribuzione dei migranti. Sappiamo com’è andata a finire. Juncker ha di fatto obbligato i governi a mettere i soldi per finanziare il piano per gli investimenti strategici, e non ci sono volute pandemia per questo. Lady Ursula, che pure riempie internet e televisioni di proclami, è sempre molto attenta a non inimicarsi i governi.
Sullo Stato di diritto von der Leyen si è dovuta prendere la reprimenda del Parlamento, e non solo quella. L’incapacità di von der Leyen di agire è finita con tanto di procedura, per via di politiche carenti di coraggio e ingolfate di prudenza. Fu Sassoli a volere e notificare questo provvedimento. E a proposito di Sassoli, ecco Roberta Metsola. Giovane, 43 anni, il suo ritratto sembra quello migliore per chi non vuole istituzioni UE ‘ingombranti’.
Deputata a Malta e poi in Europa. Rispetto a von der Leyen, Metsola non ha avuto neanche incarichi di governo. E’, dice il suo CV, meno leader di von der Leyen, E se Metsola fosse stata messa lì proprio per questo? La domanda sorge spontanea. Fin qui ha lavorato bene, silenziosamente, ma quali e quanti carisma e capacità di imporsi abbia è tutto un’incognita. E’ antiabortista, e questo alle forze conservatrici e ortodosse non dispiace. Anzi. Viene da un Paese per cui l’immigrazione è un problema, e questo alla forze sovraniste come quelle della destra più europeista non dispiace. Anzi. Viene da un Paese che non disdegna a fare affari con russi, cinesi, turchi, e che opera da cavallo di Troia grazia alla politica dei passaporti facili. Un valore aggiunto per chi dei valori e delle regole europee si fa beffe.
Metsola rischia di essere l’ulteriore espressione dell’Europa non disposta a compiere il salto di qualità che servirebbe. Personalità debole e influenzabile al servizio di una confederazione di Stati che mette in soffitta vellità di Stati Uniti d’Europa; personalità per nulla disposta a inclusione. No, la nomina di Metsola rischia di non essere una buona notizia. Anche perché su di lei ancora più che su von der Leyen, convergono i voti di sovraniste ed euro-scettici. Quest’ultimo elemento la dice lunga. Se le forze europeiste sposano l’idea di un’Europa a trazione governativa e in questo trovano sponde dalle forze che chiedono meno Europa, allora l’Europa è destinata alla ricerca di sopravvivenza.
Ci sono logiche di poltrone, ovviamente. I polacchi dell’ECR chiesero in cambio del sostegno a von der Leyen il commissario per l’Agricoltura, la Lega oggi chiede in cambio del sostegno a Metsola la vicepresidenza del Parlamento, i Verdi chiedono alle neo-eletta presidente più incarichi per le minoranze. Dinamiche che non rispondono all’esigenza di integrazione, e che rischiano il risultato contrario, la disintegrazione. Perché a contrastare certe spinte dovrebbero esserci persone forti, e invece risaltano personalità di personalità. E se in Commissione e Parlamento ci sono von der Leyen e Metsola, in Consiglio c’è Michel. L’uomo che ha perso l’occasione di rimettere al suo posto Erdogan per l’incapacità di cedere la sua sedia alla donna volutamente messa ai margini dal capo di un sistema che alle donne riserva altri ruoli. Michel, la cui proposta di bilancio fu modellata su misura degli Stati.
Ultimo, ma non meno importante: nell’Europa rinnovata delle donne al comando il peso di questa Europa è tutto per loro. Tolta Christine Lagarde, mettere donne poco carismatiche e incapaci di imporsi sugli Stati vuol dire mettere un pietra tombale su ogni pretesa di parità di genere. Non è poco. Metsola rischia seriamente di essere l’ultimo tassello di una legislatura europea all’insegna di un’Europa volutamente debole e a prova di incapacità femminile.