Bruxelles – Nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione dell’uso di pesticidi, apertura alle nuove tecniche genomiche, garanzia di un reddito equo per gli agricoltori che producono cibo in modo sostenibile. L’Europarlamento ha adottato ieri sera (19 ottobre) con ampia maggioranza (452 voti a favore, 170 contrari e 76 astenuti) in plenaria la sua posizione sulla strategia Dal campo alla tavola (Farm to Fork), la componente agricola del Green Deal, cercando il giusto equilibrio tra transizione ecologica, sostegno agli agricoltori e protezione della produttività.
La plenaria ha approvato 42 pagine di relazione a prima firma degli eurodeputati Anja Hazekamp (Sinistra) e Herbert Dorfmann (PPE), frutto di un compromesso politico durato mesi tra le commissioni Ambiente (ENVI) e Agricoltura (AGRI) e tra i vari gruppi politici, che restituisce l’immagine di un Parlamento Europeo molto compatto sul futuro della filiera agroalimentare europea.
Obiettivi verdi e sostegno agli agricoltori nella Farm to Fork
La via della sostenibilità passa attraverso nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura, con un nuovo processo di approvazione di queste sostanze attive e anche un miglior monitoraggio da parte dell’UE per proteggere biodiversità e impollinatori come le api. Questi nuovi obiettivi dovrebbero essere inseriti dagli Stati nei loro piani strategici della nuova politica agricola comune (PAC), che dovrebbero arrivare sul tavolo di Bruxelles entro gennaio 2022.
Il legame tra Green Deal e agricoltura dovrà rafforzarsi attraverso il pacchetto Fit for 55, con cui per i deputati la Commissione Europea dovrebbe rivedere norme e obiettivi ambiziosi per tagliare le emissioni derivanti dall’agricoltura. Bene anche i piani della Commissione Europea sull’agricoltura biologica, il Parlamento sostiene l’idea che più quote di terreni siano destinati a questa forma di agricoltura con un obiettivo per il 2030, attraverso stimoli per la domanda (promozione, appalti pubblici e interventi sulla fiscalità).
La linea dei deputati sposa l’idea di dover dare sostegno agli agricoltori in questa transizione, dal momento che hanno un “reddito inferiore rispetto ad altri operatori lungo la filiera alimentare e al resto dell’economia”. Per questo chiedono alla Commissione di ripagarli con una quota equa del profitto in cambio del cibo prodotto in modo sostenibile. “La responsabilità di un’agricoltura più sostenibile richiede lo sforzo comune di agricoltori e consumatori”, commenta il relatore Dorfmann dopo il voto. “I nostri agricoltori stanno già facendo un ottimo lavoro, quando chiediamo loro di ridurre ulteriormente l’uso di pesticidi, fertilizzanti e antibiotici, dobbiamo poi sostenerli per scongiurare che la produzione si sposti al di fuori dell’UE”.
Meno carne e etichette nutrizionali
Gli eurodeputati entrano nel merito di cosa si dovrebbe o meno mangiare per regimi alimentari “e stili di vita più sani”, con un aumento del consumo di frutta e verdura fresca, cereali integrali e legumi, e affrontare il consumo eccessivo di carne e prodotti ultratrasformati, nonché dei prodotti ricchi di zuccheri, sale e grassi, “a beneficio dell’ambiente e del benessere degli animali e a garanzia di un’economia più resiliente”, si legge nel testo.
Una delle parti più discusse della proposta della Commissione UE è l’introduzione di una etichetta nutrizionale sul pacco dei prodotti obbligatoria e armonizzata a livello europeo entro la fine del 2022, su cui si è aperto ormai anni fa lo scontro tra i sostenitori del sistema francese NutriScore e chi – come l’Italia – chiede un’alternativa. Gli eurodeputati accolgono l’idea di rendere obbligatoria un’etichetta nutrizionale fronte-pacco, ma evitano di fare un nome preciso di modello da adottare e invitano la Commissione a costruire l’etichetta sulla base di prove scientifiche solide e indipendenti e “su una comprovata comprensione da parte dei consumatori”.
Negli emendamenti approvati insistono sul fatto che la Commissione nella scelta dovrebbe tener conto e tutelare le caratteristiche specifiche dei prodotti con un solo ingrediente e dei prodotti con sistemi di qualità europei (DOP, IGP, IG). Si affrettano a chiarire che l’etichetta front of pack dovrebbe “fornire informazioni trasparenti, comparabili e armonizzate sui prodotti ed essere basata su importi di riferimento uniformi” per aiutare i consumatori nelle loro scelte.
Nuovi OGM e ‘no’ all’accordo con il Mercosur
I deputati aprono formalmente la porta nella Farm to Fork alla proposta dell’Esecutivo di presentare un quadro legislativo aggiornato per le nuove tecniche genomiche (NGT) che servono ad alterare il genoma di un organismo e che hanno il potenziale di rendere le piante più resistenti ai parassiti o ai cambiamenti climatici. Sottolineano però l’importanza del principio di precauzione, che dovrà guidare il processo, e la necessità di garantire la trasparenza e la libertà di scelta “agli agricoltori, ai trasformatori e ai consumatori” e che sarà necessaria una valutazione del rischio prima di adottare il nuovo quadro legislativo.
La posizione entra nel merito della legislazione europea sul benessere animale, che andrà modificata con “nuovi indicatori comuni e scientificamente fondati sul benessere degli animali” per garantire una maggiore armonizzazione nell’UE. Con un emendamento approvato ieri, inoltre, i deputati si sono premurati di ribadire la loro ferma contrarietà sull’accordo commerciale UE-Mercosur che “non può essere ratificato così com’è poiché, tra l’altro, né garantisce la protezione della biodiversità, in particolare in Amazzonia, né offre garanzie per quanto concerne gli standard agricoli”.
Le reazioni
Nonostante intorno al voto Farm to Fork si sia creato un dibattito molto divisivo sugli obiettivi verdi e i timori di un calo della produzione, alimentata dalle lobby agricole europee, il Parlamento si è mostrato molto compatto conservando quasi interamente il testo che lunedì è arrivato in plenaria. “Adesso possiamo dirlo, il Parlamento rimette al centro della Strategia Farm to Fork anche la dimensione sociale ed economica dei nostri sistemi alimentari, dando ai nostri produttori una prospettiva più positiva, che dovrà basarsi su una valutazione ex-ante dell’impatto combinato di tutti i target individuati, e su proposte proporzionali al loro raggiungimento, che salvaguardino la competitività dei produttori europei”, gioisce l’eurodeputato Paolo De Castro, coordinatore S&D della commissione AGRI.
Uno degli emendamenti presentati dal PPE e approvato in plenaria chiede alla Commissione di preparare “valutazioni d’impatto scientifiche ex ante” della strategia, per valutarne la sostenibilità da un “punto di vista economico, sociale e ambientale”. L’emendamento è stato presentato dai deputati del Partito popolare europeo dopo aver scoperto che l’Esecutivo europeo ha rimandato per mesi e nascosto la pubblicazione di uno studio d’impatto sulla strategia sulla filiera agricola, suscitando le ire dei deputati.
“L’esito del voto del Parlamento europeo sulla risoluzione è senza dubbio incoraggiante” perché “esprime il suo forte supporto agli obiettivi di maggiore sostenibilità ambientale proposti dalla Commissione nell’ambito del Green Deal europeo per il settore agricolo, chiedendo che questi diventino giuridicamente vincolanti”, conviene l’eurodeputata dei Verdi europei Eleonora Evi. Definisce la strategia Dal campo alla tavola come “un’occasione imperdibile per rendere più sostenibile il sistema alimentare europeo, riducendo l’uso di pesticidi e di antibiotici in agricoltura, gli sprechi alimentari a tutti i livelli della catena di approvvigionamento, aumentando la superficie agricola dedicata alla biodiversità e quella dedicata al biologico e favorendo la transizione verso diete più sane e sostenibili, riducendo il consumo di carne e prodotti animali”. “Il voto di ieri al Parlamento europeo dimostra che siamo pronti per il passaggio a una produzione alimentare sostenibile”, afferma anche Tilly Metz, relatore ombra del gruppo ecologista.
“L’approvazione delle linee guida del Parlamento europeo sulla strategia Farm to Fork è sicuramente un passo in avanti per un’agricoltura più sostenibile e più biologica”, sottolinea anche Dino Giarrusso del Movimento 5 stelle. Per l’eurodeputato dei Non Iscritti il testo non scioglie però “i nodi sull’etichettatura e di questo ci rammarichiamo. Per noi va scongiurata definitivamente l’idea di un’etichettatura sul principio del Nutriscore, fuorviante per il consumatore proprio per il fatto che non segue alcuna logica di qualità e delle proprietà organolettiche del prodotto”.
Critiche al testo licenziato da Strasburgo arrivano dalla delegazione della Lega in Europa, che in una nota congiunta afferma di non poter “condividere i passaggi più controversi del testo finale sulla strategia ‘Farm to Fork’, iniziativa della Commissione europea alla quale manca ancora una valutazione di impatto complessiva e che sembra procedere senza tener conto della pubblicazione di indicatori, tutti di segno negativo, analizzati negli ultimi mesi all’interno di diversi studi internazionali. Nonostante questi abbiano da tempo messo in guardia l’Ue sui pericoli di perdita di produttività, di aumento delle importazioni agricole dall’estero e di prezzi sugli scaffali, Bruxelles sembra voler esporre un settore fondamentale come quello agroalimentare a una scommessa al buio, con rischi enormi per le aziende, i lavoratori e i consumatori”.
“Fare un cambio di rotta così importante come quello imposto dalla Farm to Fork senza un’adeguata valutazione di impatto è grave e poco responsabile”: commenta così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. “Non si gioca con la food security e la pandemia dovrebbe avercelo insegnato” prosegue il consigliere . “Come filiera agroalimentare italiana siamo pronti a fare la nostra parte soprattutto se l’obiettivo è una sostenibilità competitiva vera – dice Scordamaglia – di cui il nostro Paese è modello globale”. E continuano da Filiera Italia “Ma tutto ciò non può rappresentare un salto nel buio senza una concreta, preventiva misurazione degli effetti o rischieremo di creare instabilità globale” E conclude Scordamaglia: “Così rischiamo solo di fare il gioco di quelle multinazionali e gruppi di interesse, si veda Eat Lancet, che puntano ad una alimentazione da laboratorio omologata, distante dalla terra”